sabato 5 giugno 2021

PER FAVORE, C'E' QUALCUNO CHE MI QUERELA ?

 

I tragici fatti della funivia del Mottarone disegnano un Paese che, da sempre, ha vissuto sulla bugia, sulla reticenza, sull’insabbiamento ed il depistaggio delle prove e scaricare su quelli più “fessi” colpe dei potenti, degli amici dei potenti o più semplicemente , dei ricchi.

Le “famose” forchette inserite nel sistema frenante della funivia hanno avuto il solo scopo di far risparmiare sulle indispensabili manutenzioni e fare aumentare i profitti.  Oggi veniamo a sapere che, quella pratica, veniva adottata già da alcuni anni. Cadono quindi tutte le motivazioni legate alla “dimenticanza” o dalla “disattenzione”.

Fare delle manutenzioni risolutive al problema, evidentemente costano, e rischiare fermate dell’impianto  con conseguente  “salvataggio” degli avventori , non solo hanno un costo ma pubblicizzano negativamente l’impianto. Quindi, necessariamente, l’impianto DEVE sempre funzionare  !

La pratica  adottata, “i loro profitti valgono più delle nostre vite“ è una consuetudine nel nostro Paese. Ogni anno nei luoghi di lavoro, muoiono migliaia di persone solo per risparmiare danaro sulla sicurezza e sull’addestramento. Non si contano più, i ponti Morandi, le alluvioni e l’assoluta assenza di attenzione verso un territorio fragile.

Porto una testimonianza diretta.

Fui assunto nel 1974 presso una società di Magenta, Novaceta SpA ( gruppo Snia Viscosa ) , e per oltre 20 anni , all’interno dell’azienda, ho avuto l’incarico di responsabile dei servizi elettrici e della centrale termoelettrica.  Quest’ultima aveva impianti vecchi, ereditati dalla Snia Viscosa, che avevano bisogno di essere messi in sicurezza. Le mie continue segnalazioni e richieste di adeguamenti impianti alle norme di sicurezza hanno avuto come risultato la mia rimozione dall’incarico , nel 2001, ed il successivo licenziamento ( mobilità non richiesta ) nel 2005. In questi quattro anni , da rappresentante sindacale come RSU ed RLS ( Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza ) ho avuto modo, di intervenire con la stessa determinazione, su tutte quelle situazioni che ritenevo pericolose per la salute e la sicurezza dei Lavoratori e , come vedremo, anche per gli ignari Cittadini le cui abitazioni erano poste a ridosso dello stabilimento.

Potrei citare decine di segnalazioni, ma in particolare riporto alla Vostra attenzione un fatto, gravissimo, dal punto di vista etico, professionale e della sicurezza.

Come rappresentante della Sicurezza, avevo il dovere di effettuare controlli in ogni reparto. In centrale termoelettrica, che conoscevo in ogni dettaglio, poi, l’attenzione verso gli impianti deve essere più incisiva, diretta e professionale.  Caldaie che producevano vapore surriscaldato ad una pressione di oltre 45 bar ed a una temperatura di 450 °C , alimentate con circa 2000 m3/h di metano, erano certamente delle potenziali super-bombe.

Ero già stato allontanato dalla direzione ma, come rappresentante della sicurezza, durante un’ispezione, rilevo che una macchina, denominata TURBOPOMPA era “fredda” e, quindi, fuori servizio. Il turbopompa ha la funzione, durante un blackout di energia elettrica, di alimentare, con acqua, il generatore di vapore le cui tubazioni tappezzano la camera di combustione in cui la temperatura è di qualche migliaia di gradi. Il Turbopompa funziona tramite l’energia del vapore continuamente prodotto dalla caldaia e alimenta, con acqua, lo stesso generatore che continuerà a produrre vapore fino a quando perderà progressivamente entalpìa ( pressione e temperatura ) e fino a raggiungere le soglie di sicurezza imposte.

Il turbopompa, in condizioni di normale esercizio degli impianti di centrale, deve essere mantenuto caldo, tramite uno spillamento di vapore surriscaldato, alla stessa temperatura del vapore che la caldaia sta producendo. Una macchina rotante, come la turbina del “turbopompa” non potrebbe mai entrare in servizio da fredda. Un improvviso getto di vapore a 450 °C sulle pale della turbina ( se tenuta fredda ) provocherebbe l’immediata rottura della struttura, ne, in caso di bisogno, si potrebbe pensare ad un riscaldamento progressivo che richiederebbe moltissimo tempo generando , per mancanza d’acqua, lo scoppio della caldaia con conseguenze disastrose per lo stabilimento e per la stessa comunità cittadina.

A seguito della mia ispezione e del successivo verbale, mi viene recapitato il documento che vi allego :   turbopompa -La macchina era fredda ma NON era in stato di fuori servizio“, tale documento (assurdo tecnico) è firmato da sette operai di centrale, ma da nessun dirigente aziendale ne dal responsabile per la sicurezza nominato dall’azienda, ne dal capo manutenzione, ne dal se-dicente capo centrale, ne da altri due impiegati sempre proni a 90 gradi !  Firmano solo gli operai, ovviamente minacciati di ritorsione. Gli ispiratori di quel documento furono il direttore di stabilimento ( già coinvolto in altri fatti inerenti la salute pubblica e sanzionato dalla Guardia di Finanza per aver inquinato, a Magenta, una cisterna contenente olio combustibile BTZ, con olio ATZ proveniente, illegalmente, da un altro sito dismesso ) , e l’ingegnere addetto alla sicurezza aziendale, succube del primo. Oggi, il primo in pensione ed il secondo , che lavora in proprio, offrendo servizi aziendali !!!!! ( sigh ! )

(Gradirei che esperti del settore si esprimessero, con una valutazione tecnica, in merito alle mie affermazioni ).

Infine, per quale motivo, il turbopompa veniva mantenuto freddo ?

La centrale termoelettrica in oggetto era in servizio continuo 24 h / 24 h per 345 giorni anno ( tranne venti giorni ad agosto per fermata impianti produttivi ). Il turbopompa, per restare in temperatura e quindi entrare automaticamente ed istantaneamente in servizio, aveva bisogno di essere alimentato in continuo con vapore surriscaldato ( qualche tonnellata / ora ) per 345 giorni all’anno e per 24h/24h. Tali condizioni richiedevano costi importanti che, invece, venivano “risparmiati” proprio a discapito della sicurezza.

Come finisce la storia, al di là di un paio di gravi incidenti in centrale che, con quei personaggi c’era da aspettarselo, Novaceta S.p.A. ( azienda che fatturava oltre 80 milioni di euro/anno ) chiude i battenti nel giugno del 2009 lasciando nella disperazione 200 famiglie. Il sottoscritto ( già licenziato nel 2005 ) raccoglie 98 adesioni tra i dipendenti e denuncia l’azienda per aver chiuso senza apparenti motivazioni di crisi. Nel febbraio 2019 vengono condannati , in primo grado, diciotto manager per bancarotta ( distrazione di circa 70 milioni di euro )  per complessivi 180 anni di carcere. Tra i condannati figure di primo piano nel campo dell’imprenditoria nazionale che non faranno mai un giorno di carcere, ed , aspettando la prescrizione, non pagheranno un centesimo di euro. I lavoratori accettati dal Tribunale come Parte Civile attendono ancora i risarcimenti .

Morale della “favola” : per i fatti della funivia del Mottarone non aspettiamoci che qualche “furbo” manager risponda per palesi colpe, ma aspettiamoci che a qualche “fesso” operaio vengano addossate ogni colpa.

Sentenziava il grande Eduardo : “ al mondo si starà bene quando moriranno tutti i furbi e resteranno solo i fessi !

 DI SEGUITO IL DOCUMENTO DELLA VERGOGNA , (... e pensare che mi sono battuto per tutelare i loro diritti ! ) 


sabato 30 gennaio 2021

Quel “logo” rubato e “la Storia perduta delle Case del Popolo”

 

"Le case del popolo nacquero e si svilupparono all'interno del movimento operaio e popolare, la cui tradizione risale alla seconda metà dell'Ottocento, grazie ad esperienze associative e numerose sottoscrizioni collettive per l'acquisto o l'affitto di edifici o terreni a cui i lavoratori hanno dedicato le loro energie e il loro tempo libero per la realizzazione di una loro casa comune".

“In questi luoghi, comunisti e socialisti si ritrovavano per discutere di politica, trascorrere il tempo fuori dal lavoro, riposarsi o distrarsi, spesso facendo nascere le prime esperienze di associazione e cooperazione.”

“Inutile dire che le organizzazioni fasciste, all'avvento della loro presa di potere, ebbero tra i loro primi obiettivi proprio le Case del Popolo e si misero all'opera in diverse località sia per intimorire i membri delle cooperative che per danneggiare o distruggere, spesso col fuoco, questi simboli di associazione politica” 

Internamente, si presentava con due ampie sale, una al piano terra e l'altra al primo piano. Al piano terra, esisteva inoltre un palcoscenico per le rappresentazioni teatrali. Ebbene, quando in paese arrivò la notizia che i fascisti stavano mettendo a ferro e fuoco le Case del Popolo di altre località, i membri della cooperativa e forse anche parte della popolazione, sentirono di dover fare qualcosa per proteggere un luogo al quale tenevano profondamente, poiché espressione della loro identità e del loro credo.”

Perciò, in fretta ed in silenzio, si misero al lavoro per modificare l'edificio originale: all'interno, suddivisero le due ampie sale con pareti in pietrinfoglio, creando diversi locali. E poi le arredarono, sopra come appartamenti, sotto come botteghe, trasformando l'immobile in abitazione civile.
E si prepararono ad "andare in scena". Quando intorno al 1922 arrivarono le squadre d'azione fascista, praticamente pronte con una fiaccola in mano a dare fuoco a tutto l'edificio, si ritrovarono davanti una scena davvero inaspettata: artigiani ed operai intenti al lavoro nelle botteghe stupiti del loro arrivo, donne con bambini in braccio spaventate e piangenti che li imploravano di non distruggere la loro casa.
L'edificio, con tutto quello che aveva rappresentato, era salvo. Ma oramai era diventato davvero la casa di quanti avevano rischiato e lottato per salvarlo

“La seconda storia si colloca invece intorno agli anni '50. Negli anni successivi alla caduta del regime, questi centri erano occupati da membri del Partito Comunista che vi instaurarono il Circolo ricreativo dell'A.N.P.I. (Associazione Nazionale Partigiani Italiani).

“Gli anni "duri" delle lotte operaie e democratiche erano finiti ed anche in molte località limitrofi, dopo gli anni '70, le Case del Popolo si trasformarono perlopiù in centri che ospitavano sindacati, polisportive, associazioni varie” 

Quanto sopra, tratto da "la Storia perduta delle Case del Popolo", è la fotografia di tutte le case del Popolo nel nostro Paese. Mi càpita spesso girare per Paesini del centro Italia, Toscana, Emilia e Romagna, Umbria, Marche, ed ancora oggi, qualche Casa del Popolo è rimasta ancora “quel luogo da proteggere, poiché espressione di identità e di credo”.

Purtroppo, dalle nostre parti, qualcosa è cambiato. Oggi, le destre, non hanno più bisogno di “danneggiare o distruggere questi simboli di associazione politica”. Oggi le destre, spesso quelle peggiori, becere e razziste, quei luoghi, semplicemente ne prendono possesso col danaro.

Ricordo con grande piacere ed orgoglio che, forse, l’ultima frequentazione “popolare” di una Casa del Popolo del territorio, avvenne una decina di anni fa, quando il sottoscritto riuscì a far ospitare circa duecento giovani di Sinistra provenienti da ogni parte d’Italia. Un seminario riuscitissimo che diede spessore ed interesse al nostro territorio.

Oggi, interessi privati sovrastano ogni concetto di “casa comune”.

E’ molto triste leggere anche di un “logo” rubato.

Un Logo nato dalla matita di chi scrive, costruito proprio traendo spunto da quelle realtà associative che, in altri territori, risultavano un esempio positivo trainante.

Un Logo nato per far parte di un progetto che avrebbe perseguito attività solidali in tutto il territorio nazionale. Un Logo, invece, infangato da quattro ingrati che stanno facendo il possibile per far naufragare un sogno.

mdl

    



martedì 20 ottobre 2020

Ristorante e mercato : non c'è più posto !

Sulle pagine di questo Blog, il 29 giugno scorso, pubblicavamo un articolo con il quale si intendeva dimostrare , come cambiamenti radicali, compiuti senza senso e ragione, stessero facendo morire un’Associazione Cittadina nata da campagne di lotte sociali in corso da anni. Non ho intenzione di affliggere i lettori, chi vuole può leggere quell’articolo ed anche il successivo, pubblicato in agosto. In sintesi, ponevo una questione, su cui non c’è stato ancora alcun riscontro. Perché mai, due “organizzazioni” , collocate al di fuori del territorio magentino, erano interessate a Ri-Parco Bene Comune ? Una, di cui abbiamo parlato nell’articolo del 28 agosto, è , di fatto, una trattoria ( se dicente popolare ) dove “offrono” un pezzo d’anatra a 25,00 euro, ed un pranzo, ad agosto, a 30,00 euro. Anzi, una ricerca effettuata su Google, pubblicata su Tripadvisor (vedi foto allegata), colloca, la cooperativa, nella categoria di “Ristorante”. I misteri dei furbetti delle cooperative ! Costoro, come vedremo di seguito, convinceranno alcuni iscritti ad abbandonare la storica Ri-Parco ed entrare in quella surrogante. I "ristoratori", poi, occuperanno un posto di coordinatore nella nuova associazione e ne gestiranno, in totale autonomia, la pagina Facebook. Poi,c'è un'altra organizzazione, sicuramente meritoria e molto impegnata nel sociale. Nel suo blog si può leggere : “FuoriMercato non intende rappresentare un mercato alternativo, ma un'alternativa al mercato”. La storica Ri-Parco Bene Comune, nata nel 2014, nel corso degli anni, ha condiviso il percorso di FM e ne ha sostenuto anche molte iniziative e progetti. L’indirizzo ed il fine sociale è comune alle due organizzazioni : “come recita il suo Statuto nell’articolo 2 - “è costituita da tutte le tipologie di lavoratrici e lavoratori del circuito economico formale e informale e si ispira alle società operaie di mutuo soccorso, combinando conflitto e solidarietà sociale; promuove vertenze per la tutela delle condizioni di vita e di lavoro di tutti i settori sfruttati e oppressi nella città e nel mondo rurale”. Lo sconcerto avviene, però, quando, FM si comporta esattamente come il “ristorante” di cui sopra. Entrambe le organizzazioni contribuiscono a smantellare la storica Ri-Parco ( ed aspettiamo ancora di conoscerne le motivazioni ) ed a crearne un’altra che, utilizzerà lo stesso nome e lo stesso logo della storica Ri-Parco Bene Comune. Proprio in questi giorni abbiamo avuto la conferma che le due organizzazioni descritte, pur con proposte diverse, sia dal punto di vista culturale che sociale, hanno lo stesso interesse, quello di occupare uno spazio non di loro appartenenza. Uno spazio conquistato, invece, dalle lotte operarie dei Lavoratori magentini, uno spazio sottratto ai manager di Novaceta. Uno spazio da bonificare e convertire in Parco Pubblico di Magenta, come da petizione cittadina presentata dal Movimento Popolare Dignità e Lavoro già dal 2015 e che ha raccolto circa 2000 firme. Qualora vi fossero ancora dubbi, domenica scorsa, FM ha preso possesso del nostro parco, portando a Magenta una trentina di persone (ben assembrate tra loro, nonostante Covid-19. ) Bisogna sottolineare che all’iniziativa organizzata da FuoriMercato, certamente meritoria, non ha partecipato ( come si può vedere dalle foto pubblicate e se si esclude , necessariamente, la presidente ) alcuno dei coordinatori della usurpante riparco ne alcun ex lavoratore di Novaceta, tranne uno, a dimostrazione del completo disinteresse per questi temi sociali. C'è stata, inoltre, anche un’assoluta disinformazione verso gli ex Lavoratori ed ai Cittadini ( erano presenti due o tre Cittadini residenti a Magenta ). Viene da ridere il commento, disincantato, di un cittadino, che si lamenta poiché all’incontro non hanno partecipato i partiti di sinistra. Beh, una risposta c’è, ed è quella dell’assoluta mancanza di interesse che gli “usurpatori” hanno per questi eventi, evitando di chiamare a raccolta ed allaa partecipazione partiti, associazioni, Cittadini. Il "dispensatore di like per simpatia " con la sua osservazione, ( mancando ovviamente anche i partiti “di destra” ) certifica l’assoluto fallimento dell’iniziativa e ne consegna la paternità ai milanesi di FM che, invece, sono venuti numerosi. Un’appello ai Cittadini : il Movimento Popolare Dignità e Lavoro e la storica Ri-Parco Bene Comune, non hanno mai smesso di dedicarsi con impegno alla realizzazione di un progetto di recupero dell’area. A presto sviluppi e novità. Mario De Luca

lunedì 29 giugno 2020

Ri-Parco “Bene Comune : “Quando una lotta sociale diventa una beffa (e una vigliaccata)”

Ri-Parco “Bene Comune :
“Quando una lotta sociale diventa una beffa (e una vigliaccata)”

Oggi, dopo molti mesi di silenzio, ho il dovere d’informare i Cittadini in merito a quanto di più assurdo è accaduto in un contesto di progetto sociale, nato e vissuto, per molto tempo, come un esempio costruttivo di socialità e di recupero della dignità sottratta a tanti lavoratori.
Un esempio, quello del Ri-Parco Bene Comune, che ha suggerito, per molti anni di attività e impegno nel nostro territorio, come fosse possibile far rinascere un “non luogo”, obiettivo di interessi speculativi di pochi, in un luogo di aggregazione sociale aperto a tutte ed a tutti.
Un esempio costruito sulla responsabilità e sulla caparbietà di un gruppo di Lavoratori a cui era stato sottratto il posto di lavoro e che avevano deciso di organizzarsi prima in “Movimento” e poi  dar seguito ad un’azione, tanto meritoria quanto efficace, facendo nascere l’associazione Ri-Parco Bene Comune che aveva lo scopo di sottrarre ad un gruppo di se-dicenti imprenditori, una struttura, quella del Cral Novaceta, e di donarla alla Città per rimetterla a disposizione di tutte e di tutti.
Ma ogni progetto sociale, non nasce da solo, non nasce da persone “capitate per caso” oppure, scientemente “capitate”. Un progetto sociale nasce dalle lotte, piccole o grandi, nasce da esperienze , da sofferenze, da responsabilità, da azioni, e nel caso di Ri-Parco Bene Comune, tutto questo ha un solo nome : “ Lavoratori di Novaceta “,  quelle persone a cui, il se-dicente imprenditore ha tolto il posto di lavoro e che, da quei Lavoratori è stato sconfitto sonoramente nelle sedi giudiziarie.
Bene, quei Lavoratori, dopo le lotte in fabbrica, dopo anni di confronti nelle sedi istituzionali ( Regione, Provincia di Milano, Amministrazione cittadina, Prefettura, etc… ) , dopo anni di occupazione e presidio in fabbrica e fuori, quei Lavoratori , così bene descritti e narrati da Michela Giachetta nel suo libro “ Assalto al Cielo “ con determinazione, hanno “ri-occupato” quello che era il loro spazio di aggregazione sociale, con l’unico obiettivo, e ripeto, di ri-consegnarlo alla Comunità magentina.
Dunque, è a quei Lavoratori a cui bisogna sempre fare riferimento.
Queste considerazioni sono necessarie, per ristabilire la verità, deturpata da atteggiamenti e da dichiarazioni di persone che con la storia di Novaceta e delle lotte di cui sopra, non hanno nulla a che vedere. E’ altresì necessario rispondere anche all’incolpevole Michele Bianchi che ha scritto, qualche mese fa, un articolo ( su LABSUS, laboratorio di sussidarietà ) basandosi su narrazioni approssimate, incomplete e spesso fuorvianti.
Tutta la “storia” di Novaceta e Ri-parco è stata scritta da una sola penna, dal 2003 ad oggi. Il progetto speculativo di Cimatti e soci non decolla poiché, nel 2004, una mozione, con cui si chiedeva il vincolo industriale delle aree libere, fu presentata da un Consigliere Comunale che era già dipendente Novaceta e rappresentante sindacale. Insieme ad un altro compagno di lotta, scriveva, pubblicava e distribuiva volantini e giornali di fabbrica in cui si denunciavano i malaffari. Tale “comportamento” comportò il primo licenziamento in assoluto poiché, a dire del padrone, quel sindacalista-consigliere comunale era un  “fomentatore” ! Quella mozione “passò” poiché ben cinque consiglieri di maggioranza, in quell’occasione, furono assenti alla seduta consiliare. La parte restante della maggioranza votò a favore  (sarebbe passata egualmente),  e poi, negli anni si dirà che quella mozione “fu votata all’unanimità” !
Poi, furono sempre quei Lavoratori che scrissero e proposero alla Cittadinanza la petizione con la raccolta di 2000 firme. Occupato il Cral, dal Movimento Popolare Dignità e Lavoro, quei lavoratori costituirono l’Associazione Ri-Parco Bene Comune ed offrirono, nel 2014, la presidenza ad una Compagna, Concetta Covino, mai dipendente Novaceta, ma vicina al presidio dei Lavoratori. Una persona speciale che si prodigava, in modo disinteressato, per alleviare i disagi di chi dormiva nelle tende ed al freddo ed attuava “l’’assalto al cielo”. Concetta era colei che portava, da casa sua, decine di pasti caldi e di bevande, ed aveva sempre una parola di solidarietà verso quei Lavoratori. Dopo Concetta, la presidenza fu offerta, nell’ottica di perseguire la linea di bene comune partecipato ed in quanto tale aperto alla cittadinanza, ad Orazio Maccarone, nel 2016, non dipendente Novaceta ma partecipante alle lotte operaie anche per il trascorso sindacalista.
Se non si ha il coraggio di raccontare le verità dei fatti si rischia di fare retorica strumentale. Orazio era una persona seria ed onesta ma che non ha avuto il tempo di produrre un solo atto a sostegno delle richieste di Ri-Parco. Ha dedicato parte del suo tempo, da pensionato, all’organizzazione di eventi che, purtroppo dopo la sua scomparsa, hanno perso il “senso del bene comune”.
Veniamo quindi ai nostri giorni. Oggi, l’Associazione Ri-Parco Bene Comune non esiste più. Con un colpo di mano, portato avanti da sconosciuti, con l’aiuto e la partecipazione di qualche compiacente ex dipendente Novaceta, che vogliamo ricordare, mentre i Compagni di lotta venivano licenziati perché “fomentatori”, costoro continuavano a “vivacchiare” in fabbrica fino al 2009 sperando che fossero sempre altri ad essere licenziati. Mai un sostegno concreto o morale, mai una parola di solidarietà verso qualcuno che, a tutela delle lotte di tutti, aveva perso il posto di lavoro !  Queste persone, prive di alcun senso di riconoscimento dell’impegno altrui, pensano di poter gestire in autonomia, una conquista destinata, invece, a tutti. Cercano “alleanze” esterne, mascherando interessi privati esibiti come impegno sociale, provocando frizioni interne, in particolar modo con coloro che vedevano un futuro pubblico ed a disposizione di tutti degli spazi.  Accade quindi che, nonostante fosse vigente il tesseramento di Ri-Parco Bene Comune 2019 (circa 90 soci) ed attivo il relativo coordinamento, ad inizio 2020, appena dopo la scomparsa di Orazio, quelle persone organizzano, in autonomia, la “trippata” del 1° febbraio, sicuri della non partecipazione di altri coordinatori in disaccordo. Durante la “trippata” del 1° febbraio, organizzata richiamando solo persone “amiche” e senza informare e richiamare tutti i soci ed i coordinatori assenti, aprono, autonomamente, il tesseramento 2020 e raccolgono 38 adesioni. Solo per riferimento di cronaca, la quasi totalità di queste nuove 38 tessere fanno riferimenti a soggetti appartenenti ad una sezione magentina di un’associazione nazionale e ad alla sezione magentina di un partito politico nazionale. E’ presente, massicciamente, nel coordinamento e nella gestione del social dedicato, anche la Cooperativa Cisliano ( non si capisce a che titolo e con quali meriti ) ed altri sconosciuti che, con le azioni di lotta sopra descritte e con l’appartenenza lavorativa a Novaceta, nulla avevano ed hanno a condividere. Sempre in completa autonomia, convocano, per la settimana successiva, solo quegli iscritti 2020 e “forti” della presenza di 30 iscritti  su 38, senza avvertire gli oltre 90 iscritti 2019, eleggono un nuovo coordinamento, un nuovo presidente ( la stessa persona che solo qualche giorno prima la dichiarava : “ Orazio resterà sempre il nostro Presidente “ ) e creano una nuova associazione denominata Ri-Parco Bene Comune ex Cral.
Questa gravissima operazione, ovviamente, non viene pubblicizzata, dall’auto-nominato nuovo consiglio, poiché è essenziale mantenere l’equivoco e confondere la truffaldina nuova associazione con quella originale, Ri-Parco Bene Comune , che in cinque anni, invece, si è realmente prodigata per il Bene Comune.
C’è da ribadire che il coordinamento auto-nominatosi è composto da persone che con la storia e le lotte dei Lavoratori Novaceta nulla hanno a che vedere. Dal presidente alla maggior parte dei coordinatori. Inoltre, gran parte dei nuovi 30 soci , sono quelli che, storicamente, hanno avversato l’esproprio dell’area ex Cral. Costoro erano “ in maggioranza” in quel Consiglio Comunale, a cui fa riferimento Michele Bianchi, e che votarono contro la mozione di esproprio scritta dalla originale associazione Ri-Parco. Quella, così detta sinistra di governo che votò contro la mozione di esproprio, oggi , in massa, fa parte di questa “nuova “ associazione, di cui può condizionarne il coordinamento e sostenere, paradossalmente, quelle stesse idee che aveva sempre avversato. Basta leggere l’elenco delle 2000 firme raccolte a suffragio della mozione per verificare che non c’è una sola adesione riconducibile a dirigenti di quel partito politico presente alla “trippata” del 1° febbraio.
Infine, per confondere di più le idee alla cittadinanza, la “nuova” associazione mantiene (quasi) lo stesso nome, lo stesso logo, apre una pagina Facebook, denominata ancora  Ri-Parco Bene Comune, curata da un certo Fumagalli Andrea (chi è costui ?) sconosciutissimo nel magentino e sconosciuto nella storia Novaceta e che fa eleggere, nel coordinamento un’altra persona, a lui vicina, una certa Erika Fontana sconosciuta alla storia delle lotte della “nostra” fabbrica ma candidata ad Abbiategrasso come Consigliere Comunale nelle liste di Rifondazione Comunista nel giugno 2017. La presidente, infine, è una certa Oldani Teresa, ex consigliere comunale ( Sinistra Unita ) a Marcallo ( 2004-2009 ), mai dipendente Novaceta.
Gli attuali coordinatori non hanno mai dichiarato esplicitamente che l’Associazione Ri-Parco Bene Comune non esiste più, anzi, facendo finta di nulla, continuano a raccogliere, dai disinformati Cittadini, tessere e consensi. Questi atteggiamenti, indussero, già  il sottoscritto a riferire tali notizie, il 1 giugno u.s., all’Assessora Cattaneo. In quell’occasione dovetti sottolineare che il mio nome non poteva e non doveva essere “associato” a persone che nulla condividevano con le lotte e con la nascita, nel 2014, di “Ri-Parco Bene Comune”.  Il sottoscritto aveva già consegnato, nel novembre 2019, nelle mani dell’Assessora Cattaneo, un piano di ristrutturazione dei servizi Ri-Parco e di “costruzione”  di un luogo a disposizione di tutti. Un normale proseguire di quel progetto che prevedeva un Parco Pubblico per Magenta pubblicizzato anche dall’Amministrazione Comunale precedente in conferenza stampa accogliendo, di fatto, il contenuto della petizione presentata dal Movimento Popolare Dignità e Lavoro. Il progetto del piano di ristrutturazione  prevedeva la costruzione dei servizi igienici, degli spogliatoi, l’allacciamento alla rete acqua, l’allacciamento alla corrente elettrica, la revisione e manutenzione delle strutture sportive, come , ad esempio,  la struttura del campo tennis che, per Legge , ha bisogno di certificazioni di idoneità.
Oggi, invece, le persone presenti all’interno dell’area ex Novaceta, hanno, purtroppo, già riaperto al pubblico, in tempi tragici di Covid-19, uno spazio privo di servizi igienici, privo di acqua corrente, con gli spogliatoi gioco calcio che sono stati per anni colmi di spazzatura. Uno spazio privo di qualunque minima attenzione al contenimento dell’epidemia ancora in forte presenza nel nostro territorio. Non solo, tali persone hanno vanificato alcune soluzioni precedenti , provvisorie, ma efficaci, che consentivano un minimo di attenzione a problematiche di carattere igienico-sanitarie.
Oggi, in questo periodo, queste persone che NON  HANNO NULLA A CHE VEDERE CON L’ASSOCIAZIONE RI-PARCO BENE COMUNE  organizzano per il 5 luglio prossimo, addirittura  un pranzo all’interno di quella struttura che non ha alcun requisito per poter garantire un minimo di sicurezza igienico sanitaria.
Al peggio non c’è mai fine.
Invitiamo tutti gli aderenti all’Associazione Ri-Parco Bene Comune degli anni passati ad attendere sviluppi della vicenda ed avere fiducia nel lavoro di chi, invece, è sempre stato in trincea.
M. De Luca (Movimento Popolare Dignità e Lavoro)