sabato 30 gennaio 2021

Quel “logo” rubato e “la Storia perduta delle Case del Popolo”

 

"Le case del popolo nacquero e si svilupparono all'interno del movimento operaio e popolare, la cui tradizione risale alla seconda metà dell'Ottocento, grazie ad esperienze associative e numerose sottoscrizioni collettive per l'acquisto o l'affitto di edifici o terreni a cui i lavoratori hanno dedicato le loro energie e il loro tempo libero per la realizzazione di una loro casa comune".

“In questi luoghi, comunisti e socialisti si ritrovavano per discutere di politica, trascorrere il tempo fuori dal lavoro, riposarsi o distrarsi, spesso facendo nascere le prime esperienze di associazione e cooperazione.”

“Inutile dire che le organizzazioni fasciste, all'avvento della loro presa di potere, ebbero tra i loro primi obiettivi proprio le Case del Popolo e si misero all'opera in diverse località sia per intimorire i membri delle cooperative che per danneggiare o distruggere, spesso col fuoco, questi simboli di associazione politica” 

Internamente, si presentava con due ampie sale, una al piano terra e l'altra al primo piano. Al piano terra, esisteva inoltre un palcoscenico per le rappresentazioni teatrali. Ebbene, quando in paese arrivò la notizia che i fascisti stavano mettendo a ferro e fuoco le Case del Popolo di altre località, i membri della cooperativa e forse anche parte della popolazione, sentirono di dover fare qualcosa per proteggere un luogo al quale tenevano profondamente, poiché espressione della loro identità e del loro credo.”

Perciò, in fretta ed in silenzio, si misero al lavoro per modificare l'edificio originale: all'interno, suddivisero le due ampie sale con pareti in pietrinfoglio, creando diversi locali. E poi le arredarono, sopra come appartamenti, sotto come botteghe, trasformando l'immobile in abitazione civile.
E si prepararono ad "andare in scena". Quando intorno al 1922 arrivarono le squadre d'azione fascista, praticamente pronte con una fiaccola in mano a dare fuoco a tutto l'edificio, si ritrovarono davanti una scena davvero inaspettata: artigiani ed operai intenti al lavoro nelle botteghe stupiti del loro arrivo, donne con bambini in braccio spaventate e piangenti che li imploravano di non distruggere la loro casa.
L'edificio, con tutto quello che aveva rappresentato, era salvo. Ma oramai era diventato davvero la casa di quanti avevano rischiato e lottato per salvarlo

“La seconda storia si colloca invece intorno agli anni '50. Negli anni successivi alla caduta del regime, questi centri erano occupati da membri del Partito Comunista che vi instaurarono il Circolo ricreativo dell'A.N.P.I. (Associazione Nazionale Partigiani Italiani).

“Gli anni "duri" delle lotte operaie e democratiche erano finiti ed anche in molte località limitrofi, dopo gli anni '70, le Case del Popolo si trasformarono perlopiù in centri che ospitavano sindacati, polisportive, associazioni varie” 

Quanto sopra, tratto da "la Storia perduta delle Case del Popolo", è la fotografia di tutte le case del Popolo nel nostro Paese. Mi càpita spesso girare per Paesini del centro Italia, Toscana, Emilia e Romagna, Umbria, Marche, ed ancora oggi, qualche Casa del Popolo è rimasta ancora “quel luogo da proteggere, poiché espressione di identità e di credo”.

Purtroppo, dalle nostre parti, qualcosa è cambiato. Oggi, le destre, non hanno più bisogno di “danneggiare o distruggere questi simboli di associazione politica”. Oggi le destre, spesso quelle peggiori, becere e razziste, quei luoghi, semplicemente ne prendono possesso col danaro.

Ricordo con grande piacere ed orgoglio che, forse, l’ultima frequentazione “popolare” di una Casa del Popolo del territorio, avvenne una decina di anni fa, quando il sottoscritto riuscì a far ospitare circa duecento giovani di Sinistra provenienti da ogni parte d’Italia. Un seminario riuscitissimo che diede spessore ed interesse al nostro territorio.

Oggi, interessi privati sovrastano ogni concetto di “casa comune”.

E’ molto triste leggere anche di un “logo” rubato.

Un Logo nato dalla matita di chi scrive, costruito proprio traendo spunto da quelle realtà associative che, in altri territori, risultavano un esempio positivo trainante.

Un Logo nato per far parte di un progetto che avrebbe perseguito attività solidali in tutto il territorio nazionale. Un Logo, invece, infangato da quattro ingrati che stanno facendo il possibile per far naufragare un sogno.

mdl