sabato 5 giugno 2021

PER FAVORE, C'E' QUALCUNO CHE MI QUERELA ?

 

I tragici fatti della funivia del Mottarone disegnano un Paese che, da sempre, ha vissuto sulla bugia, sulla reticenza, sull’insabbiamento ed il depistaggio delle prove e scaricare su quelli più “fessi” colpe dei potenti, degli amici dei potenti o più semplicemente , dei ricchi.

Le “famose” forchette inserite nel sistema frenante della funivia hanno avuto il solo scopo di far risparmiare sulle indispensabili manutenzioni e fare aumentare i profitti.  Oggi veniamo a sapere che, quella pratica, veniva adottata già da alcuni anni. Cadono quindi tutte le motivazioni legate alla “dimenticanza” o dalla “disattenzione”.

Fare delle manutenzioni risolutive al problema, evidentemente costano, e rischiare fermate dell’impianto  con conseguente  “salvataggio” degli avventori , non solo hanno un costo ma pubblicizzano negativamente l’impianto. Quindi, necessariamente, l’impianto DEVE sempre funzionare  !

La pratica  adottata, “i loro profitti valgono più delle nostre vite“ è una consuetudine nel nostro Paese. Ogni anno nei luoghi di lavoro, muoiono migliaia di persone solo per risparmiare danaro sulla sicurezza e sull’addestramento. Non si contano più, i ponti Morandi, le alluvioni e l’assoluta assenza di attenzione verso un territorio fragile.

Porto una testimonianza diretta.

Fui assunto nel 1974 presso una società di Magenta, Novaceta SpA ( gruppo Snia Viscosa ) , e per oltre 20 anni , all’interno dell’azienda, ho avuto l’incarico di responsabile dei servizi elettrici e della centrale termoelettrica.  Quest’ultima aveva impianti vecchi, ereditati dalla Snia Viscosa, che avevano bisogno di essere messi in sicurezza. Le mie continue segnalazioni e richieste di adeguamenti impianti alle norme di sicurezza hanno avuto come risultato la mia rimozione dall’incarico , nel 2001, ed il successivo licenziamento ( mobilità non richiesta ) nel 2005. In questi quattro anni , da rappresentante sindacale come RSU ed RLS ( Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza ) ho avuto modo, di intervenire con la stessa determinazione, su tutte quelle situazioni che ritenevo pericolose per la salute e la sicurezza dei Lavoratori e , come vedremo, anche per gli ignari Cittadini le cui abitazioni erano poste a ridosso dello stabilimento.

Potrei citare decine di segnalazioni, ma in particolare riporto alla Vostra attenzione un fatto, gravissimo, dal punto di vista etico, professionale e della sicurezza.

Come rappresentante della Sicurezza, avevo il dovere di effettuare controlli in ogni reparto. In centrale termoelettrica, che conoscevo in ogni dettaglio, poi, l’attenzione verso gli impianti deve essere più incisiva, diretta e professionale.  Caldaie che producevano vapore surriscaldato ad una pressione di oltre 45 bar ed a una temperatura di 450 °C , alimentate con circa 2000 m3/h di metano, erano certamente delle potenziali super-bombe.

Ero già stato allontanato dalla direzione ma, come rappresentante della sicurezza, durante un’ispezione, rilevo che una macchina, denominata TURBOPOMPA era “fredda” e, quindi, fuori servizio. Il turbopompa ha la funzione, durante un blackout di energia elettrica, di alimentare, con acqua, il generatore di vapore le cui tubazioni tappezzano la camera di combustione in cui la temperatura è di qualche migliaia di gradi. Il Turbopompa funziona tramite l’energia del vapore continuamente prodotto dalla caldaia e alimenta, con acqua, lo stesso generatore che continuerà a produrre vapore fino a quando perderà progressivamente entalpìa ( pressione e temperatura ) e fino a raggiungere le soglie di sicurezza imposte.

Il turbopompa, in condizioni di normale esercizio degli impianti di centrale, deve essere mantenuto caldo, tramite uno spillamento di vapore surriscaldato, alla stessa temperatura del vapore che la caldaia sta producendo. Una macchina rotante, come la turbina del “turbopompa” non potrebbe mai entrare in servizio da fredda. Un improvviso getto di vapore a 450 °C sulle pale della turbina ( se tenuta fredda ) provocherebbe l’immediata rottura della struttura, ne, in caso di bisogno, si potrebbe pensare ad un riscaldamento progressivo che richiederebbe moltissimo tempo generando , per mancanza d’acqua, lo scoppio della caldaia con conseguenze disastrose per lo stabilimento e per la stessa comunità cittadina.

A seguito della mia ispezione e del successivo verbale, mi viene recapitato il documento che vi allego :   turbopompa -La macchina era fredda ma NON era in stato di fuori servizio“, tale documento (assurdo tecnico) è firmato da sette operai di centrale, ma da nessun dirigente aziendale ne dal responsabile per la sicurezza nominato dall’azienda, ne dal capo manutenzione, ne dal se-dicente capo centrale, ne da altri due impiegati sempre proni a 90 gradi !  Firmano solo gli operai, ovviamente minacciati di ritorsione. Gli ispiratori di quel documento furono il direttore di stabilimento ( già coinvolto in altri fatti inerenti la salute pubblica e sanzionato dalla Guardia di Finanza per aver inquinato, a Magenta, una cisterna contenente olio combustibile BTZ, con olio ATZ proveniente, illegalmente, da un altro sito dismesso ) , e l’ingegnere addetto alla sicurezza aziendale, succube del primo. Oggi, il primo in pensione ed il secondo , che lavora in proprio, offrendo servizi aziendali !!!!! ( sigh ! )

(Gradirei che esperti del settore si esprimessero, con una valutazione tecnica, in merito alle mie affermazioni ).

Infine, per quale motivo, il turbopompa veniva mantenuto freddo ?

La centrale termoelettrica in oggetto era in servizio continuo 24 h / 24 h per 345 giorni anno ( tranne venti giorni ad agosto per fermata impianti produttivi ). Il turbopompa, per restare in temperatura e quindi entrare automaticamente ed istantaneamente in servizio, aveva bisogno di essere alimentato in continuo con vapore surriscaldato ( qualche tonnellata / ora ) per 345 giorni all’anno e per 24h/24h. Tali condizioni richiedevano costi importanti che, invece, venivano “risparmiati” proprio a discapito della sicurezza.

Come finisce la storia, al di là di un paio di gravi incidenti in centrale che, con quei personaggi c’era da aspettarselo, Novaceta S.p.A. ( azienda che fatturava oltre 80 milioni di euro/anno ) chiude i battenti nel giugno del 2009 lasciando nella disperazione 200 famiglie. Il sottoscritto ( già licenziato nel 2005 ) raccoglie 98 adesioni tra i dipendenti e denuncia l’azienda per aver chiuso senza apparenti motivazioni di crisi. Nel febbraio 2019 vengono condannati , in primo grado, diciotto manager per bancarotta ( distrazione di circa 70 milioni di euro )  per complessivi 180 anni di carcere. Tra i condannati figure di primo piano nel campo dell’imprenditoria nazionale che non faranno mai un giorno di carcere, ed , aspettando la prescrizione, non pagheranno un centesimo di euro. I lavoratori accettati dal Tribunale come Parte Civile attendono ancora i risarcimenti .

Morale della “favola” : per i fatti della funivia del Mottarone non aspettiamoci che qualche “furbo” manager risponda per palesi colpe, ma aspettiamoci che a qualche “fesso” operaio vengano addossate ogni colpa.

Sentenziava il grande Eduardo : “ al mondo si starà bene quando moriranno tutti i furbi e resteranno solo i fessi !

 DI SEGUITO IL DOCUMENTO DELLA VERGOGNA , (... e pensare che mi sono battuto per tutelare i loro diritti ! )