venerdì 9 giugno 2023

5 giugno "giornata mondiale per l'Ambiente "

 


Era il 17 ottobre 2022 quando pubblicammo sul blog del Movimento Popolare Dignità e Lavoro, la nostra insoddisfazione a seguito di un incontro, in Comune, avvenuto il 7 ottobre, a cui partecipò la proprietà dell’area di viale Piemonte, che prometteva, in nostra presenza ed a quella dell’assessore Gelli ( il Sindaco del Gobbo, organizzatore dell’incontro non fu presente ), che le demolizioni, in corso all’interno dell’area Novaceta, non presentavano e non avrebbero rappresentato alcun pericolo per la salute dei Cittadini.

Facemmo notare, producendo foto scattate qualche giorno prima, come enormi polveroni, si disperdessero per l’ambiente durante le fasi di abbattimento di capannoni, sedi, lo ricordiamo, di attività produttive inquinanti durate circa un secolo. A quel tavolo, insieme all’A.D. di Namiria, erano presenti anche i tecnici, nominati dalla stessa Società, che spiegarono come, quelle macerie, sarebbero state destinate ad un processo di “inertizzazione” al fine di riutilizzarle, come materiali edili, chiudendo, così, un circolo virtuoso di  “economia circolare “. Giorni dopo siamo stati ancora testimoni della demolizione della storica ciminiera della Snia Viscosa, il cui inutile abbattimento provocò una “tempesta” di polvere di colore nero.  

Il 10 febbraio 2023, la stampa locale ( Settegiorni ) pubblicava un’osservazione del Movimento Popolare Dignità e Lavoro che segnalava all’Amministrazione Comunale che, quelle macerie ( ricordiamo: risultanti da demolizioni di un sito industriale mai bonificato ) fossero stoccate già da quattro mesi, non ricoperte e non ancora rimosse e, di conseguenza esposte agli agenti atmosferici. Anche questa volta, a rispondere fu la proprietà che testuale comunicò :” i materiali verranno certificati durante il processo di produzione, che durerà approssimativamente nove mesi “. Quale fosse il “processo di produzione” non è dato sapere, quello che invece, tramite lo stesso organo di stampa, si seppe dall’Amministrazione Comunale, fu che “per la sola certificazione degli inerti si dovrà attendere nove mesi”. Comunicazioni, da parte della proprietà e da parte dell’Amministrazione Comunale, talmente vaghe ed approssimative da fare invidia a quei politici che parlano, da oltre trenta anni, della realizzazione del “ponte sullo stretto” !, infatti non si capisce come, quelle macerie, potessero bonificarsi stando ferme e quiete per nove mesi. Per l’occasione il Dott. Del Gobbo dichiara :  “ quella è un’area di cantiere privata. Come amministrazione comunale abbiamo già fatto una riunione col MPDL che si occupa della questione ex Novaceta. Il nostro intervento finisce qui “, forse dimenticando di essere responsabile per la salute dei Cittadini e che tale impegno non può avere scadenze. Il Sindaco di Magenta, inoltre, dimentica anche sue dichiarazioni, quando da Consigliere Regionale e in opposizione alla giunta Invernizzi dichiarava : “…su quell’area, quello che c’è sul PGT non si tocca, c’è un’area privata, credo che l’amministrazione ( n.d.r. , Invernizzi ) possa cominciare ad interloquire con chi fa il PGT per verificare le ipotesi, quell’area di espropriarla per pubblica utilità “.

Bene, ritorniamo alle macerie ed ai “nove mesi” che nel frattempo sono già trascorsi. Le macerie sono ancora là e probabilmente si saranno inertizzate ( o bonificate ) da sole.

“ ‘o miracolo ! “ , direbbe l’indimendicato Massimo Troise, spiegando che c’è differenza tra “ ‘o miracolo ! “ e    ‘O MIRACOLOOOO ! “, vediamo quindi come potrebbe essersi verificato.

Abbiamo considerato un periodo di quest’anno, dal 15 aprile al 15 maggio ( poco piovoso, le piogge importanti sono arrivate dopo ) ed abbiamo chiesto ad uno studioso del territorio, esperto in meteorologia, quanta pioggia fosse caduta a Magenta in quei 30 giorni, la risposta è stata : 185 litri per metro quadro.

La superficie su cui “giaceva” Novaceta / Snia Viscosa è di 220.000 m2. Su questa superficie, in un mese, è caduta una quantità di pioggia pari a 40.700.000                            ( quarantamilionisettecentomila ) litri. Non osiamo pensare alla quantità di pioggia caduta su quelle macerie stoccate nell’arco dei nove mesi,  ma di certo “ ‘o miracolo” si è compiuto. Quelle macerie, abbondantemente e ripetutamente lavate, si sono auto-bonificate !!!

Ci preme, però , sottolineare un’altra anomalia nella gestione della cosa pubblica dove le responsabilità ed i doveri contributivi verso la Comunità sono a discrezione di chi amministra.

Dal 2009, anno di chiusura di Novaceta, molte proprietà si sono succedute. Alcune, coinvolte in processi giudiziari, hanno visto dirigenti e consigli di amministrazione soccombere in primo e secondo grado. Sono trascorsi quattordici anni, e quei capannoni malsani che hanno custodito, per decenni, sostanze acide, sostanze alcaline, solfuro di carbonio, PCB, Piombo, Amianto, etc., , e poi quelle macerie, di quei capannoni, mai bonificate, sono stati “lavati” dalle piogge la cui acqua raccolta in quell’area è confluita o in fogna (e quindi al depuratore) oppure nei canali superficiali.

Vogliamo sommessamente ricordare che lo scarico delle acque, sul territorio, è regolamentato dal testo “ Regolamento del servizio idrico integrato” del 20 dicembre 2013.

In particolare, al Titolo 6 “ allacciamento alla rete fognaria”, ed al Titolo 7 “ Disciplina degli scarichi” , descrive le modalità e gli obblighi dei gestori ( Art. 57 , “disciplina degli scarichi di acque meteoriche” ed Art. 58 , “disciplina degli scarichi di acque reflue industriali”.

Da cui :

Art. 57 , Punto 10 : scarichi e limiti di accettabilità

              Punto 11 : rete separata e pozzetti di campionamento

   Punto 13 : gli scarichi di acque meteoriche sono soggetti a controllo…D.Leg.

                    nu.152 / 06

   Punto 14 : lo scarico in rete fognaria pubblica, delle acque meteoriche, è soggetto

                    a specifica tariffa di raccolta  …( oneri per la depurazione )

Art.58 , ( vedi parti correlate )

 Relativamente ai reflui in aree industriali, la legge 152/2006 all’Art. 113

riporta, in progressione, la previsione che “Le regioni disciplinano altresì i casi in cui può essere richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne siano convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari condizioni nelle quali, in relazione alle attività svolte, vi sia il rischio di dilavamento da superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi di qualità dei corpi idrici”.

Dunque , certamente non esistono più “attività svolte”, ma il lavaggio continuo con acque meteoriche, di macerie che hanno custodito , per cento anni, ambienti  mai bonificati, dovrebbero essere considerate  “ acque di dilavamento “ , non solo dei piazzali ma anche di ambienti produttivi. 

Per l’analisi del concetto di “acque di prima pioggia” si deve quindi fare riferimento alla normativa Regionale che affronta l'argomento delle acque meteoriche in modo esplicito. La Legge Regionale della Lombardia n°62 del 27 maggio 1985, relativa alla "Normativa sugli insediamenti civili delle pubbliche fognature e tutela delle acque sotterranee dell'inquinamento".

 Sempre con riferimento alla Regione Lombardia, il Regolamento Regionale n°4 del 24 marzo 2006 disciplina in modo specifico e dettagliato la gestione delle acque meteoriche di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne. Tale Regolamento ribadisce e definisce:

·        Evento meteorico: una o più precipitazioni atmosferiche, anche tra loro temporalmente distanziate, di altezza complessiva di almeno 5 mm, che si verifichi o che si susseguano a distanza di almeno 96 ore da un analogo precedente evento;

·        Acque meteoriche di dilavamento: la parte delle acque di una precipitazione atmosferica che, non assorbita o evaporata, dilava le superfici scolanti;

·        Acque di prima pioggia: quelle corrispondenti, nella prima parte di ogni evento meteorico, ad una precipitazione di 5 mm uniformemente distribuita sull’intera superficie scolante servita dalla rete di raccolta delle acque meteoriche;

·        Acque di seconda pioggia: la parte delle acque meteoriche di dilavamento eccedente le acque di prima pioggia.

·        Superficie scolante: ’insieme di strade, cortili, piazzali, aree di carico e scarico e di ogni altra analoga superficie scoperta, alle quali si applicano le disposizioni sullo smaltimento delle acque meteoriche di cui al presente Regolamento;

 

ART. 113 :  (acque meteoriche di dilavamento e acque di prima pioggia)

   1. Ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, le regioni,  previo  parere del (Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare), disciplinano e attuano:

    a)  le  forme  di controllo degli scarichi di acque meteoriche di dilavamento provenienti  da reti fognarie separate;

    b)  i  casi  in cui puo' essere richiesto che le immissioni delle acque  meteoriche  di  dilavamento, effettuate tramite altre condotte separate,  siano  sottoposte a particolari prescrizioni, ivi compresa l'eventuale autorizzazione.

   2.  Le  acque meteoriche non disciplinate ai sensi del comma 1 non sono  soggette  a  vincoli o prescrizioni derivanti dalla parte terza del presente decreto.

   3.  Le  regioni  disciplinano  altresi'  i casi in cui puo' essere richiesto  che  le  acque  di  prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne  siano  convogliate  e opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari condizioni nelle quali, in relazione alle

attivita'  svolte,  vi  sia  il  rischio  di dilavamento da superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose o di sostanze che creano pregiudizio  per  il  raggiungimento  degli obiettivi di qualita' dei corpi idrici.

   4.  E' comunque vietato lo scarico o l'immissione diretta di acque meteoriche nelle acque sotterranee.

Dunque, proprio perché Novaceta osservava tutte le disposizioni di Legge, le acque meteoriche, classificate secondo quanto descritto in precedenza, venivano gestite da un sistema automatico denominato “impianto di sollevamento delle acque di prima pioggia “ che potevano essere indirizzate, tramite stazioni di pompaggio e dopo controlli strumentali di quantità (pluviometro, temporizzatori, misuratori di portata con relativi totalizzatori) e qualità (analizzatori di pH, di Conducibilità, di Temperatura, di Torbidità), in fogna, e quindi al depuratore, o direttamente ai canali superficiali. In entrambi i casi la proprietà aveva l’obbligo di pagare le quantità reflue.

Alla luce di quanto esposto sorgono alcune domande che hanno lo scopo di mettere a conoscenza dell’opinione pubblica le modalità con cui chi ha gestito e chi gestisce ancora quelle aree mette in atto per adempiere, durante le attività di lavoro in corso, alle disposizioni delle Leggi vigenti a tutela della salute pubblica.

 Inoltre, dal momento che su quelle aree sono in corso attività lavorative riconducibili a ben identificate proprietà ed a future lottizzazioni portatrici di cospicui interessi economici, chi, in questo periodo si è fatto carico dell’onere economico dovuto alla movimentazione ed allo smaltimento delle acque reflue ?

 Magenta, 5 giugno 2023  ( giornata mondiale dell’ambiente )

Movimento Popolare Dignità e Lavoro