lunedì 30 marzo 2015

L'Expo dei polli

di  Piero Maestri

"Nutrire il pianeta o nutrire le multinazionali dell'agrobusiness?" era il titolo dell'incontro organizzato alla fabbrica recuperata Rimaflow con la presenza del leader dei Sem Terra Joao Pedro Stedile nel novembre scorso. Per gli organizzatori dell'incontro il punto di domanda era evidentemente un artificio retorico, consapevoli che Expo2015 rappresenta una grande occasione per le multinazionali e le più importanti imprese dell'agroalimentare dei paesi economicamente più forti.
Condividiamo questa consapevolezza e questa opinione, ma dobbiamo sottolineare che il gioco di Expo2015 è più sottile, nascosto e quindi pericoloso.
La costruzione materiale e immateriale che è sorta intorno al tema guida dell'Expo si propone di diffondere l'idea che sia possibile "nutrire il pianeta" anche (o soprattutto) con il contributo delle multinazionali dell'agrobusiness, quindi garantendo e sostenendo il loro profitto.
Ma c'è di più. Expo2015 si affida alla "collaborazione tra i diversi stakeholder della comunità internazionale" (dal sito expo2015.org), fingendo di mettere sullo stesso piano governi, organizzazioni internazionali, imprese e multinazionali e "società civile". In questo modo si cerca di far passare l'idea che le soluzioni ai grandi problemi dell'umanità (accesso al cibo, all'acqua, ambientali ecc.) risiedano nelle grandi innovazioni tecnologiche e scientifiche e quindi in un idilliaco avvento di società "green" e collaborative.
Inutile dire che non si pongono problemi riguardo al controllo delle risorse, alla loro distribuzione "equa", insomma ai rapporti sociali globali.
Senza voler entrare nel merito di questo aspetto (anche se lo faremo prossimamente), un'operazione analoga avviene da tempo con la diffusione dell'ideologia food che procede (come scrive Wolf Bukowski nel suo ultimo "La danza delle mozzarelle", Edizioni Alegre) "fantasticando di una trasformazione sociale a partire dal modo di fare la spesa e cucinare... illusione consolatoria per i consumatori (che pensano di poter fare finalmente qualcosa di buono, pulito e giusto) i innocua per il capitale (anzi potenzialmente profittevole...)", per evitare di assumere che "il capitalismo è un crimine di cui è indispensabile contrastare tanto le manifestazioni concrete e presenti (l'iniquità) quanto i sogni (lo sviluppo infinito)".
Tornado ad Expo2015, sono diversi gli esempi di questa illusione collaborativa e di questa propaganda dell'equità e delle "magnifiche sorti e progressive" assegnate a scienza e tecnologia, ovviamente considerate neutre rispetto ai rapporti sociali di capitale.
In primo luogo all'interno del sito vengono ospitate esperienze teoricamente differenti o quasi "alternative", per mostrare la diversità e la ricchezza delle risposte possibili. Così all'interno del sito potremo mangiare da Mc Donald's - Official Sponsor di Expo 2015, protagonista del progetto "Fattore Futuro”, "nato con l’obiettivo di accompagnare e aiutare i giovani agricoltori nello sviluppo delle loro aziende, che ha ricevuto il Patrocinio del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali; oppure possiamo scegliere di andare a comprare cibo di qualità, alimentare e politico-culturale, da Eataly, la creatura del frizzante Oscar Farinetti, vincitrice (senza gara) di un appalto per "due padiglioni da 4mila metri quadrati ciascuno, in cui funzioneranno 20 ristoranti, uno per regione italiana. Italy is Eataly: sarà il nome di quello che è stato presentato come “il più grande ristorante che mente (e pancia) umana abbia mai pensato”.
Farinetti vs McDonald's? Non è così: i due marchi sono complementari, sia sul piano del target a cui si rivolgono, sia sul piano della comunicazione della loro partecipazione a Expo2015: entrambi si fanno paladini di soluzioni "concrete" per sostenere il "nutrire il pianeta".
D'altra parte, sul piano culturale e ideologico il fast food si prende una rivincita sullo slow food (di cui Farinetti è uno dei maggiori profeti, oltre che distributore e co-proprietario di alcuni dei "presidi"): non perché si afferma una sua superiorità, ma perché irride una presunta e spocchiosa superiorità dell'altro - nel momento in cui quest'ultimo, che era nato programmaticamente come alternativa al sistema dannoso del primo, ne accetta ora una complementarietà all'interno di Expo.
Un altro esempio della confusione ideologica che Expo vuole diffondere riguarda il tema dell'acqua. Mentre in tutti i documenti si racconta la favola del diritto al libero accesso all'acqua, la multinazionale Nestlè (che sarà anche protagonista del padiglione elvetico, per "far scoprire al visitatore il rapporto che c’è tra l’uomo e il cibo") attraverso la san Pellegrino vince l'appalto come "acqua ufficiale" di Expo2015 - nella città che vanta (con buone ragioni) la qualità della sua "acqua del sindaco" e che dovrebbe sostenere la consapevolezza della necessità di ridurre lo spreco causato dalla diffusione di bottigliette di acqua in plastica. Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad una resa da parte di chi si pone sul piano dell'alternativa possibile, che diventa semplicemente un comportamento sullo stesso piano di quello che si vorrebbe modificare. Siamo ben al di là dei "piccoli passi": siamo alla resa alle ragioni del capitale multinazionale, ancora una volta egemone e vincente persino sul piano ideologico.
Ancora, possiamo parlare della questione Ogm. Anche in questo caso chi organizza Expo2015 sta molto attento a non spingere sul pedale di un'introduzione libera e senza regole degli Ogm. Si limita a voler aprire la strada ad un "ripensamento scientifico", e ad un possibile scambio globale con i paesi della periferia. In questo senso ci sembrano significative le parole di Corrado Passera (al tempo amministratore delegato di Intesa San paolo, principale sponsor di Expo2015) citate ancora da Bukowski: "noi siamo posizionati nel mondo dei prodotti agro-alimentari con una serie di prodotti unici, riconoscibili, non replicabili...", che quindi dobbiamo difendere e promuovere per i consumi internazionali, evitando di "contaminarli" (ideologicamente) con gli Ogm. Allo stesso tempo "in talune parti del mondo si deve spingere a trovare strumenti che permettano di rendere la produzione mondiale più sostenibile sia in termini di qualità, sia in termini di prevedibilità anche in condizioni avverse". In questo modo si prone uno scambio alle aziende italiane e alle multinazionali: manteniamo il più possibile l'Italia libera da Ogm e i suoi prodotti appetibili per la nuova classe media globale, mentre si continui a spingere per Ogm e brevettazioni nei paesi della periferia.
Questa è la compagnia in cui si trova a operare Vandana Shiva nel suo ruolo di "Ambassador" per Expo2015! Perché, come da manuale della collaborazione programmatica, "Ad Expo, a discutere di agricoltura e di ambiente, non dobbiamo lasciare solo le multinazionali della chimica e dei semi": peccato che queste siano ben piazzate nei posti chiave dell'organizzazione del "grande evento".
Questi esempi della propaganda "collaborativa" di Expo2015 si trovano anche in un'altra grande operazione ideologica: quella rappresentata dalla Cascina Triulza e da "Expo dei popoli", diverse tra loro ma sullo stesso piano della "presenza della società civile" all'interno o collateralmente ad Expo2015.
In questo caso dobbiamo essere chiari. Molte delle organizzazioni e Ong che partecipano a queste operazioni sono onestamente e quotidianamente impegnate per un diverso modello di sviluppo. Non è rispetto al loro impegno che verte la nostra critica, quanto sulla loro scelta di contribuire alla diffusione dell'illusione rappresentata da Expo2015, lavorando, implicitamente o esplicitamente, alla direzione di una conciliazione degli interessi e comunque nell'accettazione del tavolo formato dai "diversi stakeholder" come luogo possibile per affermare quel diverso modello di sviluppo. Non c'è bisogno di essere anticapitalisti per capire che quel tavolo è una truffa e che l'alternativa non può passare dalla collaborazione con le multinazionali o con illusioni "green".
Expo dei popoli dichiara fin dalla prima riga del suo manifesto programmatico: "L’assegnazione a Milano e all’Italia dell’Expo 2015 “Nutrire il Pianeta Energia per la vita” ci offre l’opportunità di condividere, in primo luogo con la comunità milanese, ma poi con tutti gli interlocutori che a livello globale accetteranno il confronto, idee e proposte su un tema strategico per il futuro dell’umanità. L’Expo 2015 sarà l’occasione, secondo quanto dichiarato, per condividere con i popoli del mondo intero esperienze, progetti e strategie per nutrire il pianeta e per garantire energia per la vita alle future generazioni".
A parte la considerazione, per noi importante, che organizzazioni che si vogliono impegnate per i diritti globali dovrebbero porre un po' più attenzione al contesto di un evento che produce "debito, cemento e precarietà"....
Sarebbe come pretendere di far un "controvertice", al G8 piuttosto che ad altre istituzioni neoliberiste, all'interno o parallelamente al vertice stesso, "opportunità" per parlare dei propri progetti. In questo caso si sceglie la strada dell'integrazione nel discorso collaborativo - che tra le Ong ha peraltro grande presa (pensiamo alla loro partecipazione alla ridicola truffa degli "obiettivi del Millennio", che servono a raccontare la storia di governi impegnati a risolvere il problema della povertà mondiale mentre promuovono politiche che distruggono società e ambiente a livello globale).
Ma, ci viene detto, "non si può dire sempre di no", dobbiamo saper cogliere la sfida della proposta. A parte che siamo convinti che ci siano "no che aiutano a crescere", di fronte ad un evento come Expo2015, il cui segno prevalente è quello della promozione degli interessi delle multinazionali e che perpetua la logica di sistema, il no dovrebbe essere un punto di partenza per parlare chiaro, senza fingere che sia altro e senza sostenerne le logiche interne. Perché Expo2015 potrà anche contribuire a migliorare le statistiche sulle performance produttive globali, ed in particolare dei profitti di multinazionali e imprese dell'agrobusiness, ma sicuramente non sosterrà una diversa distribuzione di queste risorse e nemmeno una promozione dell'agricoltura contadina e di consumo consapevole. Insomma, siamo ancora nelle statistiche di Trilussa: anche se aumenterà il consumo di polli, rimarrà sempre vero che di fronte al pollo a testa, "c'è un antro che ne magna due".
per gentile concessione da : Communia network
www.communianet.org

domenica 29 marzo 2015

Vale il principio della faccia di bronzo...


Ieri 28 marzo il Movimento Popolare Dignità e Lavoro era presente, con larga e convinta rappresentanza, alla manifestazione per dire no alla devastazione del territorio. La passeggiata Albairate-Abbiategrasso è stata senza dubbio un successo. Tanta gente comune, tante famiglie, tanti bambini. Tutti convinti della inutilità di alcune opere. Tutti coscienti dell’esistenza dell’enorme cassapanca piena di danaro pubblico la cui maggior parte servirà per foraggiare politici ed amministratori corrotti.
Facciamo alcuni esempi.  Uno, quello più eclatante è la Brebemi, 50 chilometri della nuova direttissima da Milano a Brescia che corrono quasi paralleli all'A4 e sono, praticamente, semivuoti. Un’opera, il cui progetto fu avviato 18 anni fa, ed i cui costi sono sempre stati pubblicizzati come investimenti  privati, ma si evita di dire che tanto danaro è arrivato dalla Cassa depositi e prestiti e dalla Banca europea degli investimenti, entrambe pubbliche. Non solo, oggi si chiede, al pubblico, altri 80 milioni di euro, il prolungamento della concessione , da 20 a 30 anni, ed una defiscalizzazione di quasi 500 milioni di euro. Tutto questo per un desolante  massacro di un gran pezzo di campagna lombarda e di un prepotente, legalizzato, esproprio di terreni un tempo coltivati.

Dal Sole 24 Ore del 23 luglio 2014 – di Sara Monaci  “All'inaugurazione hanno partecipato il presidente della Lombardia Roberto Maroni, il presidente della Brebemi Francesco Bettoni, il presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Giovanni Bazoli e, oltre al premier Renzi, anche i ministri alle Infrastrutture e all'Agricoltura, rispettivamente Maurizio Lupi e Maurizio Martina. Sia Maroni che Bettoni hanno ricordato ciò che ancora manca, e che la società aspetta «con fiducia dal Governo». Si tratta della questione della defiscalizzazione, che per la Brebemi comporterebbe un vantaggio fiscale di quasi 500 milioni “


Ciò che è desolante , ed ovviamente sconcertante, sono le dichiarazioni e gli atteggiamenti dei politici e degli amministratori :  Maroni, presidente della Regione che chiede soldi pubblici ( tanti )  ; Il Governo, con Renzi, Martina e Lupi, quest’ultimo coinvolto nelle ultime vicende di corruzione proprio sulle opere pubbliche e costretto a dimettersi, che si vantano di tagliare il nastro ad un’opera inutile, ed infine, questa è paradossale, il presidente della Brebemi, Bettoni,  è stato per trent’anni presidente dell’Unione provinciale agricoltori di Brescia e a lungo pure di Confagricoltura Lombardia, cioè da una parte toglie la terra agli agricoltori e dall’altra finge di tutelarli ! Un groviglio tra conflitto d’interessi e facce di bronzo !

Sul nostro territorio, parlo proprio del magentino, non siamo da meno proprio con le opere inutili. Gli esempi potrebbero essere tanti, ma voglio raccontarne uno che ha dell’incredibile, almeno per il sottoscritto, forse perché non ha competenze urbanistiche specifiche : Marcallo con Casone, paesino di circa 5000 abitanti, era , fino a qualche anno or sono, collegato, appunto con la “frazione” Casone tramite un ponte, di poche decine di metri, certamente da ristrutturare, percorribile , però, a piedi, in bici , in auto e persino con l’autobus. Dopo le “opere inutili”, per raggiungere Casone da Marcallo è necessario percorrere circa 3,5 kilometri di sopraelevata, ma non solo, questa mega struttura, in confluenza prolungata per oltre 4 kilometri col casello autostradale ( da ex Boffalora ribattezzato, per megalomania, Marcallo, ) confluisce, attraverso una bretella ( inutile e sempre deserta ) impropriamente chiamata “via Padania” ( battezzata in pompa magna da Umberto Bossi alla vigilia della richiesta di rinvio a giudizio, da parte della Procura di Milano per la vicenda della gestione dei fondi della Lega e per appropriazione indebita e truffa allo Stato per circa 40 milioni di euro ) , che a sua volta confluisce , udite udite, nella “circonvallazione di Casone”, praticamente, una strada deserta, che è costata l’esproprio di  terreni agricoli,  per by-passare, la via Jacini ( quattro case ), già a sua volta ...deserta !

A Magenta, poi, come si sa, ci sono aree dimesse per alcune centinaia di migliaia di metri quadrati. Aree che sono difese dalle speculazioni, per l’utilizzo pubblico come aree verdi, strenuamente ed unicamente, da Cittadini comuni, proprio tra quelli che hanno partecipato alla manifestazione di Albairate.

Cittadini , aderenti al Movimento Popolare Dignità e Lavoro, ed altri 2000 firmatari di una petizione, che hanno chiesto al Comune di Magenta di attivarsi affinché quelle aree, già in parte aree verdi, restino tali e non oggetto di future speculazioni edilizie. Questi Cittadini, alla manifestazione di Albairate erano in coda al corteo. Abbiamo notato che , invece, in testa al corteo, c’era una parte di quella politica “nostrana”, che, ostacola il verde pubblico.  Può darsi che sia solo incompetenza, certamente c’è una grande confusione nelle dichiarazioni rese. Vale il  principio della faccia di bronzo: dire cose giuste, per poi fare lo…. !

Sik-Sik




lunedì 23 marzo 2015

BONIFICA EX NOVACETA: E' INTERESSE DI TUTTI I CITTADINI


Gennaio 2015, sul cancello di Novaceta è comparso un cartello con cui si comunica l’inizio dei lavori di “bonifica impianti di materiali contenenti amianto e di fibre artificiali vetrose”.
La legge, con lo scopo di tutelare la salute dei cittadini, impone il rispetto di stringenti procedure.

IL 13 GENNAIO 2012, SU DENUNCIA DEL MOVIMENTO POPOLARE DIGNITA’ E LAVORO, LA POLIZIA LOCALE EFFETTUA UN SOPRALLUOGO ALL’INTERNO DELLE AREE NOVACETA, E ACCERTA CHE: “SONO IN CORSO ATTIVITA’ DI DEMOLIZIONI MACCHINARI…PRESENZA DI FUSTI CONTENENTI LIQUIDI PRIVI DI ETICHETTATURA… RILEVA LA PRESENZA DI AMIANTO, IN AREE NON RISULTANTI DALL’ULTIMA MAPPATURA…

AD AGOSTO 2013 VENGONO DEMOLITI (SU ORDINANZA DEL SINDACO- “demolizioni indispensabil per terminare le bonifiche dell’amianto” PROT. 23239 DEL 09.07.2013) BLOCCHI DI FABBRICATO CONTENENTI AMIANTO. L’ ASL STIMA CIRCA 200 TONNELLATE DI INERTI.

IL 18 DICEMBRE 2013, IL LIQUIDATORE DI ENERCELL (CENTRALE TERMOELETTRICA) IN RIFERIMENTO AGLI ADEMPIMENTI RICHIESTI DAL COMUNE PER LA MASSICCIA PRESENZA DI AMIANTO, DICHIARA DI ESSERE IMPOSSIBILITATA AD INTERVENIRE IN QUANTO NON DISPONE DI FONDI PER SOSTENERE LE SPESE

NEL FEBBRAIO 2015 L'ASSESSORE ANNUNCIA TRIONFALMENTE AI GIORNALI NOVE MESI PER ELIMINARE L'AMIANTO DALLA NOVACETA SENZA FORNIRE NOTIZIA DEGLI ADEMPIMENTI E CONTROLLI IMPOSTI DAL TESTO UNICO PER L'AMBIENTE ALLA PROPRIETA' E ALLE ISTITUZIONI. INOLTRE DIMENTICA L'AMIANTO DELLA CENTRALE TERMOELETTRICA.

Il Movimento Popolare Dignità e Lavoro, ha seguito la vicenda con costante attenzione al problema ed attraverso precise richieste di documentazioni aggiornate. Non è chiaro se gli adempimenti e le verifiche imposte dal Testo Unico per l'Ambiente siano state effettuate tra il 17.12.2014 (data in cui il responsabile dell’Ufficio Tecnico Comunale dichiara di non avere nessuna indagine preliminare prevista per bonificare) e il 12.01.2015 (data di inizio dei lavori di bonifica dell’area). Non è chiaro che ne sarà della notevole quantità di amianto della Centrale TermoElettrica.

Questo modo di procedere è motivo di grande preoccupazione vista la pericolosità dell'amianto per la salute pubblica. 

Chiediamo pertanto di discuterne in un’ASSEMBLEA PUBBLICA a cui preghiamo d’intervenire tutte le forze politiche e sociali, le associazioni, i comitati, i singoli Cittadini che hanno a cuore gli eventi importanti del nostro territorio.

La vita e la salute dei Cittadini vale molto di più dell’interesse di pochi



domenica 1 marzo 2015

Piazze da replicare e rendere di nuovo le vere protagoniste dello scenario politico italiano.

Prendiamo a prestito, da Communianet.org, un articolo pubblicato oggi. Communia Roma puntualizza i numeri, la cronaca, le sensazioni di quanto avvenuto ieri e sottolinea  la necessità di riprenderci le piazze. Abbiamo cambiato solo il titolo all'articolo, vogliamo chiamarlo "Piazze da replicare ", piazze dove è indispensabile difendere i valori universali, parlare con la gente,  coinvolgere le periferie, coinvolgere le associazioni, i movimenti, dare voce a tutte ed a tutti, contrastare un percorso in atto di cancellazione dei diritti e mortificazione della Democrazia.
Buona Lettura !
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“Ma quanti sono a Piazza del Popolo?” “Un terzo dei comunisti”. I comunisti della conversazione fra i dirigenti di piazza della polizia saremmo noi, quelli del corteo MaiConSalvini, piazza del Popolo invece lo scenario del battesimo del fronte nazionale italiano di Lega Nord e Casapound.
La misura della giornata del 28 febbraio sta nelle cifre, vera testimonianza del flop salvinesco e del successo della mobilitazione antileghista della città di Roma. Ma non solo.
L’enorme differenza di numeri (al di là delle battaglie mediatiche… poco più di i 5.000 veri a piazza del Popolo e oltre i 20.000 veri in corteo) è solo una delle due facce della splendida vittoria di piazza della campagna MaiConSalvini.
Raramente, quasi mai, uno striscione (quello di apertura, realizzato da Michele Zerocalcare che, per la cronaca, il supporto a queste mobilitazioni lo dà da anni) è stato tanto azzeccato. Alzando lo sguardo sopra l’immagine del cordone colorato e determinato disegnato sopra lo striscione, la scena si ripeteva per centinaia e centinaia di metri. Una composizione larga quella del corteo, rappresentativa di una Roma ancora Città Aperta, una composizione che sarebbe stucchevole e riduttivo riportare a un elenco (quasi a sommarli) di soggetti sociali. Una composizione determinata e radicale, portatrice di contenuti (l’antirazzismo, il rifiuto dell’austerità, l’opposizione a questo governo insieme alle sue finte alternative) finalmente non soltanto patrimonio di avanguardie militanti ma patrimonio collettivo.
Una composizione e una mobilitazione radicale nei contenuti e nelle pratiche, che all’estetica del conflitto ha sostituito il conflitto dei contenuti, la riproducibilità d’idee e pratiche d’opposizione al teatrino politico dei due Mattei.
Idee e pratiche radicali che finalmente hanno potuto giocarsi (almeno per queste settimane) la sfida dell’egemonia contro le pulsioni razziste e xenofobe cavalcate dai fascio-leghisti, ma aperte dalle mille contraddizioni sociali della crisi di cui la Lega è corresponsabile.
Per una volta Salvini ha avuto un contraddittorio. Il nemico costruito ad arte per Renzi, abituato a godere di spazi comunicativi amplissimi, con contraddittori inesistenti, e raramente disturbato da giornalisti, per una volta non ha parlato da solo. Sentirlo quasi giustificarsi dal palco per la differenza di numeri (“i centri sociali hanno tentato di sabotarci in tutti i modi”) basta a dimostrarlo.
Certo, una parte gli stessi canali comunicativi che lo dipingono come la nuova opposizione (dimenticando che si parla di un personaggio abituato a sedere su almeno due poltrone istituzionali contemporaneamente, che nella vita ha solo fatto il funzionario del partito più vecchio che siede in parlamento) ha deciso di ignorare, o dare un risalto minimo, alla portata del confronto fra 20-30.000 partecipanti a un corteo cittadino “autoconvocato” e le poche migliaia portate da fuori con i pullman sponsorizzati da un ex partito governo.
Ma i riflettori di cui gode Salvini hanno ragioni di opportunità politica (inerenti ai presunti interessi del Pd che ha deciso di giocare a un gioco pericoloso), e se per una volta non hanno potuto parlare solo si lui e delle sue retoriche il merito è tutto del corteo e della campagna MaiConSalvini.
Lo abbiamo detto nelle lunghe settimane di costruzione del 28F: per i promotori della mobilitazione, per chi ogni giorno si sporca le mani nei quartieri, nelle periferie, nelle scuole e nelle università come sui posti di lavoro, sarebbe stato facile, troppo facile ridurre la mobilitazione antileghista all’espressione del nostro personalissimo antagonismo contro Salvini e Casapound.
La sfida era mettere in campo pratiche conflittuali che potessero diventare patrimonio ampio collettivo, di quel pezzo di Roma (e non solo) che non ci sta a lasciare impuniti Salvini e i leghisti nel loro tentativo di ripulirsi faccia e curriculum dopo 9 anni di governo con Berlusconi, 9 anni di precarizzazione, diktat europei, privatizzazioni, leggi razziste e corruzione sistemica.
Una sfida vinta, stravinta, che ha dato il primo serio colpo al progetto di costruzione del fronte nazionale, scimmiottato dal modello francese della LePen, che la Lega vorrebbe costruire con gli squadristi di Casapound.
Non era scontato, ci speravamo, ma i dubbi erano tanti. Un percorso di costruzione non facile, in cui la priorità è stata tornare a parlarsi e ad assumere una prospettiva costruttiva e non competitiva fra soggetti militanti abituati troppe volte ad auto percepirsi come unico argine antirazzista e antiausterity della società. Dopo ieri abbiamo riscoperto che l’argine può diventare più grosso, alzarsi improvvisamente e imporsi sulle maree e su chi le cavalca.
La giornata di ieri ha dimostrato che l’opposizione alle politiche di austerità di Renzi passa per le piazze, piazze che non dobbiamo abbandonare, piazze da replicare e rendere di nuovo le vere protagoniste dello scenario politico italiano.
Si cantava in decine di migliaia ieri dal camion e sotto al colosseo…“Lo rifamo? Avoja!”