sabato 8 settembre 2012

Novaceta : Storia di affari e delinquenti


Storia di affari e delinquenti

Allora, il 23 luglio scorso sembra proprio chiusa l'era Novaceta. Dopo 58 anni di “Storia” sono stati notificati gli ultimi 135 licenziamenti. Si, dico gli ultimi poiché la sventura è cominciata almeno 11 anni prima, quando nell'azienda mettevano piede ( e mani ) un gruppo di dirigenti delinquenti che occupavano, appunto per delinquere, le più alte posizioni gestionali.
Ricordo, come se fosse ora, ridicoli nani, condensati di ignoranza e presunzione, messi lì a condurre ( si fa per dire ) un'azienda il cui futuro era già segnato, e bisognava fermare l'azienda in modo indolore, bisognava fare che tutto perseguisse una sorta di “naturalità”. Allora quale metodo più “naturale” poteva essere quello di affidare l'azienda a dirigenti incapaci e disonesti che “naturalmente” avrebbero condotto l'azienda alla chiusura.
Proprio in quel periodo i dirigenti incapaci avevano, però, all'interno dell'azienda un grosso problema, quello di coniugare la loro incapacità manageriale e tecnica con la grande capacità tecnica, organizzativa e ricca di esperienze, di una prima linea di impiegati, capi reparto e maestranze che, fuori da ogni logica speculativa, avevano nella testa un solo messaggio :” rendere Novaceta sempre più grande, innovativa, propositiva, affidabile e competitiva. Bene, nel giro di soli due anni, tutte queste figure furono letteralmente fatte fuori, chi con prepensionamenti milionari e chi, dove evidentemente non si poteva, attraverso spostamenti di ruoli e di mansioni “motivate” e “sponsorizzate “ da uno slogan coniato proprio dal capo del personale :” c'è bisogno di un salto di qualità ! “
I nani incapaci e disonesti si circondarono di “yes-men” di eguale e comprovata incapacità. Questi ultimi, però, avevano un ulteriore problema, quella di non conoscere la dimensione ( enorme ) della propria ignoranza. Si faceva veramente fatica ad incontrare, nel quotidiano, nella vita normale di persone normali, gente più ignorante di questi galoppini graduati a caso ! A scanso di equivoci, ed a tutela dei lettori in merito a racconti eventualmente conditi con possibili esagerazioni, si fa presente che gli episodi di seguito descritti furono già pubblicati, nel momento storico di riferimento, sul giornalino di fabbrica che veniva redatto e distribuito all'epoca. Ricordo episodi sconcertanti, al limite del surreale, come quando un “yes-man”, richiamato in azienda ( fu licenziato una quindicina di anni prima per comprovata incapacità ) a condurre un fondamentale settore dello stabilimento, “sfoggiava” le sue “conoscenze tecniche” teorizzando in merito ai motori elettrici e sostenendo che tale macchina elettrica quando è “vecchia” gira meno velocemente di un motore nuovo !!! Ricordo anche che il suo primo collaboratore ( yes-man a servizio di yes-man !!!!!!! ) che, con estrema serietà, chiamava, quale componente di circuiti elettrici, “fusillo” il fusibile e, con grande capacità di attrazione, indicava quale parametro di riferimento per la durezza dell'acqua il “grado Farheneit “ in luogo del grado Francese.
Ricordo che arrivai fino a contarli ed a definirli in un articolo “ dieci piccoli indiani “. Ricordo di un episodio grave. Provo a descriverlo : Alcune strutture, che avevano una vita di ormai 50 anni, avrebbero dovuto, progressivamente, essere revisionate, proprio per garantire sicurezza di continuità produttiva e sicurezza alle persone. Cosa normalissima per ogni azienda che intende continuare la produzione, ma evidentemente non così per Novaceta che, sebbene in salute e con forti ricavi, era stata destinata alla chiusura. Ma la cordata di ignoranti doveva servire proprio che si evitassero revisioni e manutenzioni che avrebbero avuto l'effetto opposto a quello prefissato dai vertici aziendali cioè quello di allungare la vita a Novaceta. Le strutture in questione erano due serbatoi in ferro a pressione atmosferica, contenenti acqua calda e collegati tra loro in vasi comunicanti. Uno di questi serbatoi ebbe un cedimento strutturale dovuto a normale corrosione per una vita di 50 anni di continuo esercizio. Ebbene, non ci crederete, i dirigenti e la cordata di yes-men diagnosticarono l'impossibile : “implosione del serbatoio “ !
La domanda che può venire spontanea è quella di non comprendere il perchè, dopo tanti anni, si ricordino questi episodi. La risposta è semplice perchè la strategia adottata è grave ed è coerente con la nostra analisi, e ricordare questi episodi, non significa sputare addosso a quelle persone ( che pure lo meriterebbero ! ) ma vuol dire ricostruire, passo dopo passo, una linea strategica che l'azienda aveva disegnato e che avrebbe dovuto condurre alla fermata degli impianti nel giro di tre-quattro anni ( poi vedremo, di seguito perchè questo non accade nel periodo previsto. Si ricorda che siamo a cavallo del nuovo millennio 1999 – 2000 ). Dunque, ritorniamo all'episodio che stavo narrando : un'implosione implica un errore umano, mentre un cedimento strutturale è un chiaro segnale di necessità di interventi seri di manutenzione programmata. Evitare dunque le manutenzioni, addebitando l'errore umano, era indispensabile al fine di accorciare “naturalmente” ( in modo delinquenziale ) la vita della fabbrica.
La natura mafiosa di qualche dirigente ( ovviamente si può essere mafiosi anche se liguri, lombardi, romagnoli o friulani ) si conclamò quando fu ordinato ad uno di quei capo-reparto ( successivamente “fatto fuori”) di utilizzare , come olio combustibile per bruciatori, un olio inquinante ad alto tenore di zolfo. Tale prodotto fu fatto arrivare clandestinamente da uno stabilimento dismesso dello stesso gruppo. Quell'olio fu introdotto in Novaceta illegalmente e non avrebbe dovuto essere bruciato. Solo grazie alla resistenza di quel capo-reparto ( poi fatto fuori ) , l'olio non fu bruciato e fu evitato un gravissimo inquinamento alla città di Magenta e dintorni. Seguì una denuncia all'ARPA ed alla G.d.F. che, intervenuti a sorpresa, posero sigilli alle cisterne, effettuarono i controlli del caso e, accertate le irregolarità gravissime, sanzionarono l'azienda ed il dirigente delinquente. L'olio illegale fu inviato presso le strutture autorizzate allo smaltimento.
Secondo voi, cari lettori, dove poteva andare un'azienda così guidata ? Si dirà ma com'è possibile che nessuno sapeva e nessuno diceva ? Eppure tutto quanto su descritto e molto altro ancora veniva periodicamente pubblicato, come si è detto, sul giornale di fabbrica il cui autore/editore veniva sistematicamente tacciato, invece, come chi “voleva far chiudere la fabbrica “. Nelle bacheche aziendali, alcuni lavoratori, avversando il silenzio, su questi episodi, delle organizzazioni sindacali confederali, postavano decine di comunicati e denunce che sistematicamente venivano distrutte purtroppo anche da operai schierati col padrone o ricattati o timorosi. Tale fenomeno significò dare un enorme assist ai dieci piccoli indiani che anziché diminuire, come nel romanzo di Agatha Cristie, fecero proselitismo. In quel periodo uscirono dalle fogne quelle persone che non avevano e non avrebbero mai contato un cazzo ( perdonate l'espressione, ma ci voleva !). Alcuni capi-turno addirittura rispolverarono il biglietto di punizione per quegli operai non “allineati e coperti”. Ricordo poi le cene di dirigenti Novaceta con rappresentanti dei lavoratori, delegati sindacali e segretari territoriali. Una commistione unica. Segretari territoriali visti a pranzo ed ospiti di dirigenti Novaceta a cui davano del “tu”, da vecchi amiconi o da , appunto, compagni di merenda. Ed è con questo clima di “amicizia” tra rappresentanze sindacali ed una buona parte delle RSU aziendali che si prepara la strada. La strategia è quella di non “disturbare il manovratore “, quella di tener buone le maestranze attraverso i messaggi che continuamente alcuni rappresentanti sindacali diffondevano ai lavoratori. Le assemblee di fabbrica non erano più quei luoghi dove si parlava con i lavoratori, dove si ascoltavano i diversi pareri e dove, unitariamente, si decideva la strategia sindacale da presentare alla direzione. Le assemblee di fabbrica erano diventate quegli appuntamenti dove le RSU ed i sindacalisti territoriali riportavano ai lavoratori le decisioni aziendali, in ogni ambito, in ogni contesto. Ed accade che vengono chiusi i reparti a valle della catena di produzione, adducendo scarsa vendita dei prodotti ritorti o orditi ( poi invece si portava il filato da lavorare ad altre aziende esterne ). Poi viene chiusa l'infermeria, ed eravamo in quel periodo oltre 500 dipendenti. La motivazione era quella che non si potevano sopportare i costi di un'infermiera ! Poi chiudono la mensa aziendale ( haimè, le nostre conquiste degli anni '70 ! ), poi decidono di fare il grande passo : chiudere la centrale termoelettrica che alimentava lo stabilimento. Tutto ciò senza alcuna opposizione del sindacato. Una vergogna !!!
Siamo appunto nel 2004 ed un consigliere comunale a Magenta, con un colpo a sorpresa presenta una mozione in consiglio comunale che chiedeva il blocco delle aree, su cui sorgeva Novaceta , a vocazione industriale. Un consiglio comunale preso in contropiede ; cinque consiglieri dell'allora maggioranza non si presentarono all'assise cittadina. La minoranza ( l'opposizione ) dei consiglieri diventò maggioranza numerica e tutti i presenti votarono a favore di quella mozione. Le aree su cui sorgeva Novaceta diventavano di fatto intoccabili ( almeno per molti anni seguenti ). Gli immobiliaristi, la famiglia Cimatti, nuovi padroni di Novaceta, rimasero con tanto di naso !!! Erano saltati tutti i loro progetti. Non sarebbero bastati quei quattro – cinque anni ( ormai alla scadenza in quel periodo ) per fermare la fabbrica. I tempi si sarebbero allungati di molto. Ed allora che, mentre il barile veniva continuamente raschiato, Cimatti vende le aree, col vincolo, ad Unicredit. Siamo nel 2005. Più tardi Cimatti cederà anche le attività ad altri ( ultimo un certo Lettieri ) in un orgasmo di società che nascono e ,subito dopo aver partorito il mostro di turno,muoiono.
Ma al peggio non c'è mai fine, sindacati corrotti, ex dirigenti delinquenti ( richiamati dai Cimatti ) devono sostenere la qualità del prodotto per cedere le attività e dimostrare che queste sono remunerative, ma nel frattempo, però, non pagano i fornitori, continuano a licenziare, spostano utili da una società ad altre. Prendono tempo poiché il blocco delle aree ha creato dei grossi problemi. Ormai il processo di fermata della fabbrica è irreversibile, ma costoro devono prendere quanto più tempo possibile . Cimatti deve rispondere in Tribunale del fallimento della società che ha rilevato proprio la centrale termoelettrica Novaceta.
Cercherà ancora sponde politiche attraverso i suoi amici bresciani e regionali in genere. Poi, come dicevamo, appare Lettieri...Gianni. Chi è costui ? Già presidente di Confindustria della Campania, già padrone e/o amministratore-socio di dozzine di aziende che rileva e successivamente chiude. Già in affari con i padroni della “monnezza” in Campania . Un soggetto che ha amicizie con la politica campana ( Nicola Cosentino ) e con quella nazionale ( Silvio Berlusconi ) . Un soggetto che, con il suo entourage di “mozzarellieri”, nel pieno del Berlusconismo si sente forte, potente e protetto. Continua imperterrito, Lettieri, in quello che sa fare ed in quello per cui è stato mandato a fare ( ciò quello in cui non è riuscito Cimatti ) . Nel giro di pochi mesi Novaceta è definitivamente ferma !
Tutto quanto viene dopo sarà anche oggetto ( insieme a tutta la storia ) di indagine da parte della Magistratura.
La storia ...è appena cominciata !
Sik Sik

DI SEGUITO RIPORTIAMO ARTICOLI DI STAMPA CHE RIGUARDANO GLI ULTIMI DUE PADRONI DI NOVACETA.
E' POSSIBILE CHE NESSUNO PAGHI ? E' MAI POSSIBILE CHE GENTE SIMILE E' AUTORIZZATA A DISTRUGGERE LA VITA DI CENTINAIA DI FAMIGLIE ?


    Lettieri: «Sì, è vero, sono un uomo di Berlusconi e di Cosentino»
    NAPOLI – Cosentino? «E’ una persona per bene, su di lui metto la mano sul fuoco». Così Gianni Lettieri intervenendo su Radio 24 alla trasmissione La Zanzara. Il candidato di centrodestra mette fine così alle scaramucce che nei giorni scorsi si erano accese con il coordinatore campano del Pdl dopo le affermazioni dell’imprenditore in cui affermava che le amministrative «non sono un referendum su Silvio Berlusconi e Nicola Cosentino», ricevendo a stretto giro la replica dello stesso Cosentino che a Lettieri faceva notare che «senza di noi non si vince». Pace fatta quindi, tanto che Lettieri ha aggiunto: «Sì, è vero, sono un uomo di Berlusconi e di Cosentino, e allora?».
Francesco Parrella
07 maggio 2011

Nicola Cosentino salvo ancora grazie alla Lega

Tratto da il Fatto Quotidiano
Con 298 sì e 309 no, la Camera dei deputati ha negato l’autorizzazione all’arresto di Nicola Cosentino, ex sottosegretario all’economia dell’ultimo governo Berlusconi e attuale coordinatore regionale del Pdl in Campania. Il deputato di Casal di Principe è accusato dai pm napoletani di concorso esterno in associazione mafiosa, per i legami intrattenuti con i clan dei Casalesi.
Il voto è avvenuto a scrutinio segreto, ma determinanti per salvare Cosentino sono stati i voti della Lega. Umberto Bossi – riferiscono fonti parlamentari del Carroccio – ha preso inizialmente la parola spiegando che dalle carte non si evince nulla nei confronti del coordinatore campano del Pdl.



Domani Cosentino a giudizio con l’accusa di concorso esterno in associazione camorristica
L'ex sottosegretario all'Economia e deputato Pdl ha schivato l'arresto per il diniego del Parlamento. La Cassazione l'ha definito "socialmente pericoloso", nonostante le dimissioni dal governo e la riduzione del suo "peso politico"
di Vincenzo Iurillo

E dopo anni trascorsi sulla graticola di un’inchiesta mediaticamente fragorosa, è arrivato il giorno del giudizio anche per l’imputato di camorra Nicola Cosentino. L’appuntamento è per il 10 marzo, alle ore 9.30, al primo piano del Palazzo di Giustizia di Santa Maria Capua Vetere. Il collegio C della prima sezione penale del Tribunale sammaritano, presieduto da Giampaolo Guglielmo, inizierà a vagliare le accuse di concorso esterno in associazione camorristica avanzate dai pm della Dda di Napoli Giuseppe Narducci e Alessandro Milita nei confronti del deputato ed ex sottosegretario all’Economia, originario di Casal di Principe (Caserta), tutt’ora coordinatore campano del Pdl e king maker delle trattative elettorali locali a nome del partito di Berlusconi in vista delle elezioni amministrative. A cominciare da quella per il candidato sindaco di Napoli: nei giorni scorsi proprio Cosentino ha accompagnato dal premier l’ex capo di Confindustria Napoli Gianni Lettieri, che a breve potrebbe ottenere l’investitura ufficiale.

L’ordinanza di arresto nei confronti di Cosentino, firmata il 7 novembre 2009 dal Gip di Napoli Raffaele Piccirillo, è stata confermata due volte dalla Cassazione ed è sempre in vigore. Non viene eseguita per il diniego del Parlamento. L’ultima volta a dicembre la Cassazione ha definito Cosentino “socialmente pericoloso”.

Lettieri, l’imprenditore che piace alla P3 (Fatto Quotidiano, 22 aprile 2011)
È il 26 dicembre 2009 quando Nicola Cosentino dice al telefono: “Stiamo puntando tutto su (…) Lettieri”. Si riferisce a Gianni Lettieri, oggi candidato sindaco di Napoli, all’epoca papabile candidato alle elezioni regionali. E ne sta parlando con Pasqualino Lombardi, giudice tributario, accusato di appartenere alla “P3”. Lettieri fu scelto dalla “P3” in contrasto alla nomina di Stefano Caldoro sul quale, invece, si costruivano dossier infamanti. Lettieri risulta estraneo alla “P3” e ai dossier contro Caldoro. Quelle intercettazioni però restano un biglietto da visita: la “P3” puntava su di lui. E non solo la “P3”. Tra i suoi sponsor – sempre stando alle intercettazioni – comparivano Marcello Dell’Utri (condannato a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa) che incontra a Palazzo Pecci Blunt, la residenza romana di Denis Verdini, il 26 novembre 2009. La stessa casa dove la “P3”, appena due mesi prima, secondo l’accusa, organizzava le strategia per intervenire sulla Corte costituzionale per il lodo Alfano. Tra i suoi sponsor, come abbiamo visto, c’è Cosentino (sottosegretario di governo, sul quale pende una richiesta d’arresto per il suo rapporto con il clan camorristico dei Casalesi).
È UNA FIGURA complessa, quella di Lettieri, indagato per concorso in falso e truffa dalla Procura di Salerno. L’inchiesta riguarda la realizzazione d’un centro commerciale polifunzionale e il trasferimento d’un ramo d’azienda. Secondo le accuse, Lettieri avrebbe goduto – grazie alla delocalizzazione – di un “ingiusto profitto”. Sul suo stesso profilo Facebook, Lettieri vanti il curriculum del grande imprenditore: “Presidente e amministratore delegato di Atitech, è presidente della MCM Holding SpA, cui fanno capo otto società controllate o collegate che occupano complessivamente circa 800 addetti”.
I LAVORATORI della “Cdi Surl”, pochi giorni fa, gli hanno scritto per ricordargli che dal 5 maggio rischiano di diventare disoccupati. E in tanti gli ricordano che molti dei suoi dipendenti, sin dagli anni Novanta, vivono grazie alla Cassa integrazione. Con la sua finanziaria “Meridie” nella quale, scrive l’Espresso, compare anche un fiduciario della ‘ndrangheta e, come socio, l’ex ad di Unipol Giovanni Consorte, indagato a Milano per la scalata alla a Bnl. Per Meridie la situazione non è florida, ma Lettieri incassa la fiducia di Letta e Finmeccanica, che sostengono la sua Atitech, società di manutenzione aeroportuale. Società che valgono decine di milioni di euro. Ora vuole la poltrona di primo cittadino. E non si può dimenticare la sua telefonata con Martino, il 28 gennaio 2010, quando la Cassazione stronca ogni possibilità di candidatura di Cosentino. “Quella cosa di Nicola – dice Martino – non è andata bene, lo sai? Per cui (…) diventa più o meno unilaterale l’investitura su di te (…)”. “Sì, ma se si toglie questo di mezzo…”, risponde Lettieri, riferendosi a Caldoro.
Vincenzo Iurillo e Antonio Massari

Palenzona il nuovo broker del potere

E' passato solo un anno da quando Fabrizio Palenzona cercava di posizionarsi al meglio per la successione alla presidenza di Mediobanca. A piazzetta Cuccia la spuntò Renato Pagliaro. Quell' avvicendamento in pratica ha segnato l' inizio di una complessa manovra volta a "staccare" progressivamente Generali dalla pesante influenza che negli anni si è costruita nei suoi confronti Mediobanca. Palenzona, un uomo di 150 chili di peso a cui il padre aveva insegnato che non bisogna "far politica" perché nella vita occorre lavorare. Due volte sindaco democristiano di Tortona, poi presidente della Provincia di Alessandria grazie a una candidatura in extremis da parte dell' Ulivo di Romano Prodi, riesce a proiettarsi al vertice della Fondazione Crt alla metà degli anni ' 90, osservatorio privilegiato per seguire tutti i passaggi dell' aggregazione bancaria promossa dal Credito Italiano e dal suo astro nascente Profumo. E quando quest' ultimo esce di scena con motivazioni ancora oscure erano in pochi a pensare che fosse proprio Palenzona ad avvantaggiarsene in prima persona. . Poi qualcosa è andato per il verso storto, complici due aumenti di capitale e l' ingresso di capitali libici al momento della bisogna, fino al «Vogliono mettere le mani sulla banca», sfogo di un Profumo amareggiato a poche ore dal voto di sfiducia del consiglio di amministrazione. Arrivato nonostante le pressioni del ministro dell' Economia Giulio Tremonti affinchè ciò non avvenisse. La svolta, a ben vedere, è arrivata lì. Unicredit respira aria di banca di "sistema" sul modello di ciò che ha voluto diventare negli anni la Intesa Sanpaolo di Giuseppe Guzzetti, Giovanni Bazoli e di Corrado Passera. ...Altre relazioni pericolose sono passate sotto i ponti del salvataggio della Norman 95, società di Massimo Cimatti finita in liquidazione con un debito vicino ai 200 milioni e salvata in extremis da una cordata composta dalla Ilte di Vittorio Farina e Luigi Bisignani, la Cassa di Alessandria e Orione Investimenti (controllata dalla Fondazione Crt). Tutte entità che in qualche modo gravitavano intorno a Palenzona, il quale, però, finora è riuscito a superare indenne tutte le vicende penali che l' hanno riguardato e di pari passo è riuscito ad accrescere le poltrone su cui è riuscito a sedersi con il potere che ne deriva. Mentre con i concorrenti di Intesa il ramoscello d' ulivo potrebbe essere rappresentato da quei pacchetti di azioni Mediobanca e Rcs su cui con il salvataggio di Ligresti da parte di Unicredit ha messo una solida ipoteca.
GIOVANNI PONS - 04 aprile 2011 – libera recensione da Affari e Finanza




La denuncia: sottratti beni per 120 miliardi di lire. La difesa: accuse infondate

Prestiti e affari con gli immobili Palenzona indagato per estorsione


MILANO - Un caso di «cannibalismo societario»: per la Procura di Milano - che indaga per l' ipotesi di «estorsione aggravata» Fabrizio Palenzona (esponente della Fondazione Crt, vicepresidente di Unicredit e consigliere di Mediobanca) e altri 7 dirigenti o consiglieri legali dell' ex Iccri (Istituto di credito delle casse di risparmio italiane) - In particolare l' indagine punta sugli immobili ceduti il 26 ottobre 1998 alla Norman di Cimatti (dove oggi è consigliere Palenzona) per 57 miliardi e dalla Norman ceduti, lo stesso giorno davanti allo stesso notaio, alla Levante Norditalia per 78 miliardi, con plusvalenza razzo di 21 miliardi.
Ferrarella Luigi





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