mercoledì 12 dicembre 2012

La sinistra avrebbe bisogno di qualcosa di più e di differente, avrebbe bisogno di quella che Monicelli definiva «una botta, una rivoluzione»


Il principale elemento di novità delle primarie in Lombardia è certamente costituito dalla candidatura di Andrea Di Stefano, direttore di «Valori», sostenuto anche da Rifondazione Comunista.
E' quello che serve a sinistra? Fatto salvo il giudizio positivo per la persona, ci pare proprio non sia così.
Questa candidatura, oltre ad accettare un gioco che riteniamo falsato e che cancella le differenze politiche in nome di un'inaccettabile unità tra forze che non possono esserlo, rappresenta l'ennesima foglia di fico che nasconde le vergogne del centrosinistra e del PD che ne è il socio di maggioranza. La sua candidature porterà acqua al mulino del Pd, persino nella - improbabile - ipotesi vincesse: la moderazione, la subalternità al PD e la conseguente disillusione dell'esperienza della giunta Pisapia è sotto gli occhi di tutte/i quelle/i che vogliono guardare con onestà ai fatti e non dipende certamente da fattori personali.
Oltretutto questo sarà un regalo gradito ai grillini, che appariranno gli unici fuori dai giochi di potere.
Le elezioni in Lombardia dovranno decidere quale sarà la «nuova» classe politica che sostituirà Formigoni e la sua cricca nella gestione degli interessi del capitalismo lombardo - banche, finanza e aziende di gestione delle risorse pubbliche in prima fila.
Ambrosoli sembra oggi rappresentare il cavallo vincente, e le sue frequentazioni lo mostrano con evidenza: membro del CdA del Corsera (salotto bene del capitalismo lombardo), ha scelto come consulenti Marco Vitale (già assessore di Formentini), Roberto Mazzotta (ex Dc, ex presidente di Cariplo e Bpm), e così via. Consulenze che rappresentano anche un terreno di confronto con la Compagnia delle Opere, potenza economico-sociale già alle spalle di Formigoni, alla ricerca di nuovi referenti perché interessata a non perdere i legami con il potere lombardo (per lo stesso motivo nel 2004 appoggiò la candidatura di Penati alla Provincia di Milano).
Naturalmente non sarebbero così negativi nemmeno un Albertini o un Maroni, ma al momento non sembrano abbastanza stabili e capaci di ricostruire un blocco di potere affidabile - che invece un centrosinistra con al suo interno un Prc debole, fedele e disinnescato potrebbe meglio garantire. Così come potrà farlo a livello nazionale Bersani, uomo delle cooperative rosse, amico di Cielle (di cui frequenta costantemente il Meeting riminese), da sempre fedele traduttore delle misure di Bruxelles (sia la UE che la Nato), prima con il governo D'Alema e Prodi, poi con il sostegno al governo Monti-Napolitano.
 La sinistra avrebbe bisogno di qualcosa di più e di differente, avrebbe bisogno di quella che Monicelli definiva «una botta, una rivoluzione»cioè la ricostruzione di una sinistra anticapitalista, del suo pensiero, della sua pratica, non la riproposizione di vecchie esperienze e nemmeno una coalizione tutta politicista di organizzazioni e/o «autorevoli» esponenti del mondo sindacale, politico, intellettuale - troppo spesso abituati a navigare nelle pieghe del sistema e ormai poco utili a dare avvio o almeno ad accogliere e provare a espandere quella «botta».
Questo non è certamente il tema all'ordine del giorno dei prossimi tre mesi elettorali, ma all'interno di queste scadenze si potrebbe provare a costruire una posizione autonoma e alternativa al centrosinistracon un programma che provi a far pagare la crisi a chi l'ha provocata e recuperi risorse (attraverso innanzitutto il non pagamento del debito) per i bisogni di lavoratrici/lavoratori (più o meno precari/e), pensionate/i, disoccupate/i, giovani in cerca di un futuro dignitoso; con un profilo innovativo nelle candidature e nelle modalità di costruzione delle liste.
 L'appello «Cambiare si può», pur con tutti i limiti mostrati anche nell'assemblea romana del 1° dicembre e con le difficoltà di un progetto ambizioso, ha provato a porre questa necessità e sta provando a darle gambe. Perché in Lombardia invece non si può? Perché una parte di coloro che si dichiara alternativo al PD e al centrosinistra in Lombardia sceglie di allearsi con il PD stesso? Perché le assemblee del 14/15 dicembre che si terranno in Lombardia non provano invece a dare una svolta anche in questa regione?
Noi siamo convinti della necessità di questa svolta. Che «si possa» non è certo, ma almeno proviamoci, cominciando davvero a praticare autonomia, alternatività e indipendenza dalla «ala sinistra del capitale».

Piero Maestri

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