giovedì 2 maggio 2013

Mayday tra cielo e terra….

di Pietro Maestri

Sono due settimane che compagne/i di RiD e Occupy Maflow – sotto la direzione ferma e pignola di Antonio e la competenza di Betta, Pietro e Nello - stanno lavorando per la realizzazione delle due istallazioni da portare a questa Mayday 2013, e adesso che siamo finalmente in strada, scaricato il furgone e pronti a montarle per trasportarle in corteo, lo sguardo è rivolto più che altro al cielo. Perché le previsioni per la città segnalano il passaggio di diversi temporali, e sarebbe una bella rottura di scatole – non solo in senso metaforico: temiamo infatti per le nostre realizzazioni, fatte soprattutto di cartone.
Fiduciose/i contiamo a montare, rifinire, attaccare, fissare….. e finalmente si parte.
Piazza XXIV Maggio è piuttosto vuota quando il corteo muove i primi passi, e questo preoccupa le organizzatrici e gli organizzatori, che hanno iniziato tardi a preparare questa Mayday, ma hanno voluto scommetterci anche questa volta.
Una Mayday di “transizione” – perché tra due anni, lo stesso 1° maggio, ci sarà l’apertura di “Expo 2015”, il grande e inutile – dannoso! – evento di una metropoli che solo di eventi sembra vivere, incapace di darsi un’identità fatta di relazioni sociali, di positiva accoglienza dei nuovi e vecchi soggetti che vorrebbero abitarla (migranti, studentesse e studenti fuori sede e non, giovani a cui è negato il diritto alla casa, lavoratrici e lavoratori schiacciati dall’altro costo della vita), di rispetto e valorizzazione della produzione di cultura e socialità dal basso.
È proprio “Exopopolis”, libro-gioco del collettivo Off Topic e carro di Sanprecario, che apre questa Mayday degli spazi sociali occupati e liberati, delle pratiche di autogestione e riappropriazione sociale, della rivendicazione di reddito incondizionato e diritti del e sul lavoro, della difesa del territorio da speculazioni e grandi opere ed eventi, del rifiuto della trappola del debito….

In questa Mayday che abbiamo contribuito a organizzare siamo a nostro agio. E così ci infiliamo nel corteo – dietro SMS, Spazio di Mutuo Soccorso promosso dal Cantiere e davanti alla Cub, unico sindacato che partecipa in forma organizzata alla manifestazione.
Il nostro “spezzone di classe” si materializza con la “fabbrica ricostruita” (in legno e cartone) a simboleggiare la fabbrica recuperata dalle operaie e operai della cooperativa Ri-Maflow, presenti con le loro magliette e i loro caschi rossi che in questi mesi sono apparsi su tante televisioni e giornali, perché la loro storia è esemplare e importante (bello il comunicato finale degli organizzatori che dichiara la solidarietà “con i lavoratori della Maflow che si sono ripresi la produzione, la RiMaflow fabbrica Recuperata e con i lavoratori della sanità che subiscono le politiche scellerate dei tagli, in particolare con i lavoratori e le lavoratrici dell'ospedale San Raffaele…).
Ma il nostro “genere di classe” è fatto anche delle/dei giovani precari/e, da studentesse  studenti che vogliono riappropriarsi dei saperi e del futuro, e per questo praticano la riappropriazione sociale – come fa Ateneirivolta partecipando con altri soggetti all’occupazione della ex Cuem all’Università statale di Milano; dei soggetti lgbtq, orgogliose/i abitanti delle lotte e dei desideri di questa classe composita; delle lavoratrici e dei lavoratori che lottano per i loro diritti dentro e fuori aziende e fabbriche – come ci raccontano le/i compagne/i del Movimento Popolare Dignità e Lavoro di Magenta, alla Mayday non per la prima volta, insieme a quelle/i che nei loro luoghi provano ancora a praticare il conflitto sociale, quello dei tanti pesci piccoli che uniti possono mangiare il pesce grosso e arrogante (è la bandiera di una rete intersindacale che appare sempre nelle manifestazioni…).
Uno spezzone che chiudiamo in maniera significativa “”riprendendoci la cassa”, allusione alla campagna per la ripubblicizzazione della Cassa depositi e prestiti, a cui partecipiamo, e in generale alla volontà di “rivoltare il debito” (così come la nostra “cattiva ragazza” rivolta il capitalista/finanziere, lo stesso che in Expopolis cerca di fuggire con la cassa….) e riappropriarci di un credito necessario alle politiche di alternativa.
Abbiamo provato a stare nella Mayday e non di stare a guardarla (per poi presentarci con qualche volantino che dichiara e cerca di spiegare come si fa l’anticapitalismo “serio”…); abbiamo provato a parlare il linguaggio dell’autogestione, della riappropriazione sociale, della costruzione “lenta e impaziente” di una nuova soggettività di classe; abbiamo provato  divertirci in una giornata che rappresenta lo spirito originario del primo Maggio – giornata di festa popolare e di lotta di lavoratrici e lavoratori.
Lo abbiamo fatto e ne siamo soddisfatti.
E da oggi ricominciamo a praticare quello che abbiamo provato a dire con quel linguaggio.

Durante tutta la Mayday abbiamo continuato a scrutare il cielo, solcato da un continuo passaggio di nuvole scure, che per fortuna quest’anno hanno evitato di farci cadere addosso i temporali previsti. E nella strada dove si è conclusa guardare il cielo era reso difficile dai tanti grattacieli costruiti e in costruzione nella zona Isola esempio della speculazione edilizia e finanziaria della metropoli lombarda.
A Milano quando indichi la luna o il cielo, gli sciocchi ti guardano i grattacieli. Noi proviamo a guardare oltre, partendo da terra (da “Piano terra”, ci dicono le/i sanprecari/eche occupano uno spazio proprio con quel nome) e costruendo la nostra scalata al cielo dei diritti e delle iniziative fuori e contro il mercato.



May Day 2013

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