sabato 23 agosto 2014

Il lavoro è la dignità. La lunga stagione di Novaceta

Questa è la storia di una fabbrica che aveva inventato un filo per tessiture miracoloso e faceva milioni di euro di utili. Anzi no, questa è la storia delle persone che lavoravano alla Novaceta. I padroni e i dirigenti hanno falsificato i libri contabili per poterla chiudere e vendere i terreni. Una storia di avidità e speculazioni spietate, di profitti legali e criminali, come quelli sull’amianto. Una storia come tante. Quel che sarebbe meno frequente è che le vittime, gli operai, tornano a essere protagonisti. Sono persone che fanno una lotta bellissima quanto invincibile, perché non chiude, non si ferma, è in continuo movimento. La lotta per il lavoro degli operai di Novaceta è diventata lotta per risarcire chi ha pagato il prezzo di una chiusura fraudolenta, poi per il controllo dal basso dello smaltimento delle macerie e dell’amianto. Adesso, quelli di Novaceta hanno occupato l’area limitrofa, di proprietà Unicredit, per sottrarla al degrado e restituirla alla città. La lotta per l’occupazione è diventata lotta per la vita. E per reinventarsi. Lo stabilimento è finito in macerie e i lavoratori hanno ritrovato la dignità
 Movimento popolare lavoro e dignità
Novaceta , erede storica di Snia Viscosa, sorge su di un’area di 220 mila metri quadrati. E’ stata una vera rivoluzione industriale del nostro territorio, il Magentino, nella Provincia di Milano. Una rivoluzione iniziata quasi cento anni fa. All’entusiasmo dei “pionieri” industriali, oggi si sono sostituiti il malaffare, l’egoismo di pochi, che ha generato la perdita del lavoro e l’abbandono dei siti industriali e una pesante situazione ambientale.
Sorta negli anni Cinquanta, Novaceta aveva inventato un processo produttivo del filo di acetato all’avanguardia. Un filo “miracoloso”, continuo e già colorato, che poteva essere utilizzato dalle tessiture così, tal quale, come  correva dalle filiere. Un processo industriale che non ha avuto concorrenti nel mondo fino al giorno in cui, “l’intrigo” ha deciso che avrebbe dovuto cessare.
Alla fine del 2003, in modo inspiegabile, la società che fatturava oltre 80 milioni di euro, viene rilevata da un gruppo industriale che opera in ambito immobiliare, tramite importanti società del gruppo stesso.
Già all’inizio del nuovo millennio si parlava di una nuova superstrada, la Milano-Cusago-Boffalora-Malpensa, di uno scalo ferroviario di Magenta più importante. L’area è vicina al centro cittadino ma anche a ridosso del Parco del Ticino, e nei primi anni del Duemila si parla già di una possibile EXPO milanese. La crisi era molto lontana, il Nord Italia tirava la corsa con un Pil superiore di una volta e mezzo a quello della Germania. Tutto questo confezionava una torta troppo grande e appetibile perché su quelle grandi aree ci fosse solo una Novaceta i cui utili non potevano essere sufficienti allo stomaco ingordo degli affiliati a vere e proprie associazioni a delinquere. Novaceta doveva chiudere.
L’agonia dura cinque anni, durante i quali si alternano alle proprietà e alle dirigenze figure inquietanti, molte delle quali coinvolte in bancarotte fraudolente e protagoniste di  pseudo crisi aziendali che avevano come conseguenza la perdita di migliaia di posti di lavoro.
A Magenta accade, però, un fatto nuovo: appena Novaceta ferma l’ultimo motore, una gran parte di lavoratori si organizza nel Comitato Magentino Dignità e Lavoro, che chiede alla Procura di Milano di indagare sugli eventi che hanno portato allo stop della fabbrica. Qualche mese fa la Procura ha emesso 33 avvisi di garanzia nei confronti degli amministratori e dirigenti che ” avrebbero distratto oltre 70 milioni di euro , falsificando i libri contabili…” causando così la chiusura dello stabilimento magentino. Una grande vittoria degli ex lavoratori che, per primi e in totale solitudine politica e sindacale, avevano denunciato il comportamento di una dirigenza sciagurata.
Intanto, il Comitato diventa un Movimento Popolare Dignità e Lavoro e accoglie altri lavoratori, soprattutto della zona, in lotta contro la chiusura degli stabilimenti.
Da questa lotta per il lavoroche si trasforma – dopo l’incriminazione dei dirigenti – in battaglia per il risarcimento dei lavoratori e delle lavoratrici vittime di una chiusura fraudolenta, con la costituzione in parte civile di gran parte degli ex dipendenti. C’è poi da battersi in difesa della salute dei cittadini di Magenta contro lo smaltimento fuori norma di tonnellate di amiantopresenti nello stabilimento. Un braccio di ferro si apre anche con le diverse amministrazioni comunali e gli enti che hanno chiuso gli occhi di fronte a questo ulteriore disastro. Il presidio davanti ai cancelli dura ormai da oltre quattro anni ma si è trasformato in controllo dal basso delle movimentazioni illegali delle macerie, con tanto di circostanziati filmati. Le operazioni di smaltimento vengono bloccate dal magistrato, impedendo che tutto finisca nelle discariche abusive magari controllate dalla criminalità organizzata. E anche questa vicenda è tuttora aperta.
Ma c’è dell’altro. Una vasta zona limitrofa allo stabilimento, sede del vecchio Cral aziendale e di un parco con importanti impianti sportivi (campo di calcio, pista di atletica, campo di tennis coperto, campo di bocce,…) è lasciata al degrado insieme allo stabilimentoL’area è di proprietà Unicredit come anche il sito produttivo. E’ stata storicamente gestita dal Consiglio di Fabbrica e utilizzata da tutti i cittadini, oggi è abbandonata e fonte di pericoli. Il Movimento chiede un intervento di recupero da parte dell’amministrazione comunaleche fa orecchie da mercante, troppo attenta alle valorizzazioni dei terreni nell’interesse dei soliti noti… Allora il Movimento raccoglie su una petizione popolare oltre 1.400 firme di cittadini e personalità politiche e della cultura di differenti tendenze per chiedere la riassegnazione dell’area ai lavoratori attraverso l’esproprio. I lavoratori si impegnano al recupero. Le promesse della giunta restano tali, ancora una volta nulla si muove.
Il Movimento passa al contrattacco e, forte del consenso dei cittadini, dopo Ferragosto occupa tutta l’area dell’ex Cral e ne comincia in proprio la bonifica per restituirla a una città. A Magenta mancano spazi ricreativi, mentre quelli esistenti – come quelli della Novaceta – vengono lasciati in rovina.Riuso, ripristino, riappropriazione. Come nella vicina RiMaflow di Trezzano sul Navigliofabbrica autogestita dai lavoratori da oltre un anno e mezzo, unita a Novaceta in tante battaglie politiche e sindacali comuni in questi anni e oggi collegata dalla partecipazione di molti militanti alla Rete Communia.Rimettere in funzione uno spazio di utilità sociale, praticare l’obiettivo e pretenderne il riconoscimento da parte della proprietà e dell’amministrazione comunale. Potrebbero saltar fuori anche alcuni posti di lavoro per gestire tutte le attività possibili. Con il metodo che fu delle lotte per il lavoro degli anni ’50 e con gli ‘scioperi alla rovescia’.
La lotta alla Novaceta non è finita.
Il blog del Movimento popolare dignità e lavoro

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